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CyberStalking, lo Stalking sul web e sui Social Network

Per “Stalking” si intende ogni tipo di minaccia o molestia ripetuta e assillante che produce nella vittima un grave stato di ansia e di paura. Tanto da costringere al cambiamento delle proprie abitudini di vita per ritrovare la libertà. Con la diffusione dei Social Network queste persecuzioni hanno trovato un terreno fertile. Ma sono ancora poche le persone che denunciano la violenza subita, in quanto si tratta di una violenza ambigua e difficile da dimostrare

cyber, web, social network stalkingCon la nascita dei Social Media è cambiato il modo di parlare di sé. Siamo portati a raccontare molto di più i fatti personali e, con la geo-localizzazione, facciamo sapere pubblicamente dove siamo in tempo reale. Il computer, poi, ci trasmette un senso di falsa sicurezza. Lo usiamo da casa o nei luoghi a noi famigliari e anche per questo ci sentiamo protetti. E spesso non ci accorgiamo che le informazioni che condividiamo sulla nostra vita sono l’appiglio migliore per gli attacchi di chiunque sia intenzionato a infastidirci, spiarci o molestarci. Il web, come terreno fertile per curiosare nelle esistenze degli altri, ha diffuso così un reato di cui si parla sempre più spesso, ma a tanti ancora non è ben chiaro cosa sia. Lo Stalking.

“Stalk” in inglese significa “appostarsi, inseguire” e descrive ogni tipo di minaccia o molestia ripetuta e assillante che produce nella vittima un grave stato di ansia e di paura. Una violenza a tutti gli effetti.

Il reato di Stalking è stato introdotto nel nostro Codice Penale recentemente, nel 2009, tra gli Atti Persecutori e viene punito con una reclusione che va dai 6 mesi ai 4 anni, con aggravamenti di pena se il reato viene commesso da un coniuge o da un individuo legato sentimentalmente alla vittima. Nel 55% dei casi, infatti, lo Stalking avviene all’interno di una relazione di coppia.

La gelosia patologica è la molla che spinge al bisogno ossessivo di controllare il partner, un’ossessione che diventa vera e propria persecuzione. Lo Stalker il più delle volte, quindi, non è un estraneo, ma un conoscente, un amico, un collega, oppure la persona che si è amata, che cerca di ritornare alla precedente relazione o di stabilirne una nuova. Magari che vuole vendicarsi di un torto subito.

E’ una persona che ha seri problemi di interazione sociale, ma generalmente ben dissimulati, e una aggressività che non riesce a gestire: imporre la sua presenza è l’unico linguaggio che conosce per farsi ascoltare.

Gli individui affetti da veri e proprie malattie psichiatriche sono meno comuni tra gli Stalkers. In questo caso, c’è una perdita di contatto con la realtà e il comportamento persecutorio nasce dalla convinzione che esista veramente una relazione sentimentale con la vittima. Il disturbo di personalità borderline è riscontrato in sette su dieci di questi soggetti.

Quando tutto questo avviene attraverso il web si parla di CyberStalking. La Cassazione ha confermato nel 2010 la condanna al carcere fino a 4 anni per chiunque infastidisca o minacci una persona anche attraverso il web. Mail ossessive, video e messaggi personali lanciati attraverso i Social Network non sono meno pericolosi di telefonate assillanti e appostamenti sotto casa.

Lo Stalker difficilmente, infatti, passa all’aggressione fisica, e l’effetto che ottiene via internet è lo stesso che nella vita reale: la vittima viene gettata lentamente ma inesorabilmente in uno stato di terrore ed è costretta a cambiamenti radicali nel proprio stile di vita per riconquistare la sua libertà. Il reparto Analisi Criminologiche dei Carabinieri ha tracciato un identikit dello Stalker, che identifica 5 profili differenti in base ai loro comportamenti e alle dinamiche psicologiche.

La prima tipologia di molestatore è stata definita “il Risentito”. Il suo comportamento è guidato dal desiderio di vendicarsi di un danno o di un torto che ritiene di aver subito, ed è quindi alimentato dalla ricerca di vendetta. Può diventare molto pericoloso, perché il suo rancore gli fa considerare i suoi comportamenti delinquenziali come giustificati. Perseguitare chi secondo lui gli ha fatto del male è un modo per ripristinare un senso di giustizia e, cosa ancora più grave, farlo sentire di nuovo padrone della realtà.

C’è poi il “Bisognoso d’Affetto”, cioè lo Stalker che fa di tutto per convertire quello che è un civile e ordinario rapporto di quotidianità in una relazione amorosa. La sua ossessiva insistenza nasce dalla convinzione che prima o poi l’oggetto delle sue attenzioni capitolerà.

Il “Corteggiatore Incompetente” è il meno dannoso, perché il suo inseguimento è in genere di breve durata. Si tratta per lo più di persone incapaci di avere relazioni soddisfacenti, e che risultano opprimenti e invadenti in modo abbastanza preterintenzionale. 

Il “Respinto” è molto più pericoloso: spesso rifiutato realmente dalla vittima, vuole allo stesso tempo riconquistare la sua preda e vendicarsi dell’affronto subito. Oscilla tra i due desideri, manifestando comportamenti estremamente duraturi nel tempo, che non si lasciano intimorire dalle reazioni negative manifestate dalla vittima. La persecuzione che attua rappresenta per lui di per sé una forma di relazione, e in quanto tale egli si sente rassicurato. È la perdita totale di un legame che per lui sarebbe percepita come intollerabile.

L’angoscia di abbandono è il tema predominante nella psicologia di questo tipo di Stalker: l’assenza dell’altro è vissuta come una minaccia di annullamento di sé stesso.

La tipologia più rischiosa, tuttavia, è la quinta: quella del “Predatore”, il cui obiettivo è di natura essenzialmente sessuale. Sceglie tra le sue vittime persone per lo più indifese, le insegue e le spaventa fino a terrorizzarle. La paura che procura lo eccita, perché gli fa provare un senso di onnipotenza. Tra questi ultimi, vi si trovano spesso voyeur e pedofili.

Ma come ci si può difendere dal terrore psicologico esercitato dagli Stalker?

Lo studio della psicologia può aiutare le persone a evitare certe situazioni, ma la persecuzione messa in atto dagli Stalker è una violenza che molto spesso non si può prevedere. Che va affrontata con armi più potenti di un’analisi dei comportamenti. È il primo passo è indubbiamente quello di sensibilizzare la coscienza collettiva.

La maggior parte delle persecuzioni non viene denunciata alle forze dell’ordine. Questo è un fatto reale. Ed è un fatto drammatico. Le violenze non vengono denunciate perché lo Stalking in sé è una pratica ambigua. Difficile da identificare e ancora di più da dimostrare.

E così la vittima si sente angosciata anche dal timore di non poter essere concretamente difesa. Peggio, di non essere creduta. Denunciare il proprio persecutore aumenta, invece, paradossalmente la paura, perché la vittima si sente ancora più esposta. Una violenza sottile, reiterata, non pubblica, difficile da perseguire, e proprio per questo ancora più spaventosa. È quell’aurea di ambiguità e di morbosità assieme che rende lo Stalker così potente.

La prima cosa da fare sempre è non negare il problema

Purtroppo, il fatto stesso di non volersi considerare “vittima” è un altro deterrente a esporre denuncia. E così si “aiuta” lo Stalker. Riconoscere il problema, informarsi, comprendere i rischi, adottare le precauzioni consigliate sono i primi passi per ostacolare gli atti di molestia. Se la persecuzione consiste nella richiesta di iniziare o ristabilire una relazione indesiderata, è necessario essere fermi nel “dire di no”, in modo molto chiaro ma una volta sola.

Qualsiasi altro sforzo per scoraggiare lo Stalker sarà letto inevitabilmente – e contrariamente a quanto voluto – come una manifestazione d’interesse. E in quanto tale, rafforzerà la persecuzione. E’ importante ricordare che i comportamenti di difesa personale più efficaci sono quelli più prudenti.

Se le molestie avvengono attraverso messaggi su Facebook o su Twitter, ad esempio, è utile non rendere inattivo il proprio profilo. La frustrazione che si creerebbe nello Stalker aumenterebbe la sua violenza. La cosa migliore è creare un profilo alternativo, lasciando che su quello vecchio il molestatore possa continuare a scrivere.

La rabbia e il terrore non aiutano purtroppo chi subisce lo Stalking. E’ necessaria una certa lucidità per raccogliere più dati possibili sulle molestie subite. Qualsiasi mail, messaggio pubblico e privato e tag su foto è una prova della violenza subita e fornisce indizi. La Polizia ne avrà bisogno.

I Social Media sono nostri amici

Li frequentiamo tutti i giorni e, per loro natura, ci permettono relazioni felici proprio perché azzerano le distanze e avvicinano le persone per interessi e gusti comuni. La violenza che le persone subiscono non smette di esistere solo perché i nuovi media hanno trasformato il modo di relazionarci con gli altri. Cambiano i modi, appunto, ma la psicologia umana rimane la stessa.

I delinquenti rimangono quelli, con la stessa loro dinamica per mietere vittime. Neanche a dire che si sono evoluti, questi delinquenti. Hanno solo cambiato “mezzo” per reiterare la loro violenza. Hanno affinato gli strumenti. Oggi, la società si è fatta più attenta.

Non ancora coraggiosa abbastanza da denunciare tutti gli atti di Stalking, ma abbastanza da voler divulgare una coscienza del rispetto. E della difesa personale attraverso forme lecite ed efficaci.

E voi cosa ne pensate? Quanto vi spaventa lo Stalking che utilizza il web e i Social Network?

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Francesca Ungaro
Webwriter e Content Manager. Psicologa Clinica. Ho lavorato come Responsabile della Comunicazione Corporate. Psicologia e scrittura sono le realtà che si intrecciano da sempre nella mia vita.
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9 Commenti

  1. Bel post, come sempre del resto 😉 Argomento purtroppo attuale, soprattutto per le più giovani che si trovano sui Social con una spensieratezza e una ingenuità che forse noi, non più ‘di primo pelo’, abbiamo abbandonato. Ma non sempre. E’ storia recente di una mia amica, sposata e con figli, che ha accettato l’amicizia di un tipo che credeva di conoscere, ma non era così. E in breve si è trovata continuamente in chat questa persona che la invitava a cena, a ballare, a prendere un caffè… Insomma, non si può stare tranquille neppure dietro uno schermo. E se fosse stata sua figlia quindicenne a chattare con lui? Con la spensieratezza e l’ingenuità di cui parlavo prima? Da mamma do un solo consiglio: occhio!!!!

  2. Ciao Francesca, grazie per il tuo commento!
    Purtroppo anche tu mi confermi quanto sia frequente questo reato, e quanto difficile sia proteggersene anche conoscendo il web e i Social Network.
    Quello che si sottovaluta spesso è che lo Stalking è una vera e propria violenza e chi la subisce difficilmente la denuncia come tale.
    Insomma, si ha paura, si perde la libertà, ma si sta zitti. E’ un po’ come vergognarsi di quello che ci sta accadendo e non credere, allo stesso tempo, di poter essere aiutati dalle autorità.
    E questo rende gli Stalker ancora più potenti.
    L’arma di difesa maggiore che abbiamo è quella di informare e formare le persone, per sensibilizzare la società e diffondere una “cultura della persona”. Partendo dall’esperienza di ciascuno di noi!
    A presto 🙂

  3. La denuncia è il passo più importante ma contestualmente il più difficile da affrontare per le vittime, che arrivano a farlo solo quando ormai hanno raggiunto l’esasperazione. La denuncia comporta disagio ed ovvia intromissione nella propria vita da parte degli operatori di polizia. Esiste comunque una forma più soft per combattere lo stalker, denominata “ammonimento” che vale la pena prendere in considerazione:- praticamente la polizia ammonisce il persecutore invitandolo formalmente a desistere dal suo comportamento, ed in molti casi ha funzionato; la ritengo molto valida per lo stalking sul web. Il segreto di una buona riuscita è quello di non dare troppo spazio alla persecuzione, quindi consiglio di richiedere l’ammonimento in tempi brevi ed in caso di fallimento presentare la denuncia.

  4. Ti ringrazio molto Tiziano per il tuo commento! Questa sì che è una partecipazione costruttiva per aumentare la conoscenza di questo problema all’interno della società!
    La denuncia, come scrivo anche nel post, intimorisce anche perché espone ancora di più le vittime di Stalking. L’ammonimento può evitare questo rischio, ponendosi in modo meno ostile verso i persecutori. E nel caso dello Stalking sul web questo sarebbe vincente.
    Non ho informazioni su quanto davvero l’ammonimento ha funzionato, se tu avessi statistiche o dati aggiornati fammi sapere!
    Buona serata

  5. Molto interessante, argomento molto attuale… Anche il cyberbullismo è in qualche modo legato a questo fenomeno. In UK (dove abitavo) è davvero un grave problema sociale tra i teenager che in alcuni casi, ha portato anche al tentativo di suicidio delle persone “bullied”, cioè offese e prese di mira sui social network. In Italia non conosco la portata di questo fenomeno, ti riporto però questa ricerca del Guardian di un anno fa….
    http://www.guardian.co.uk/education/2011/aug/01/cyber-bullying-victims

  6. Ciao Irene!
    Non conosco molto il fenomeno del Cyberbullismo, ti ringrazio del link che mi hai mandato: una bella occasione per imparare!
    Potrebbe essere l’argomento di un altro post, vedrò di documentarmi bene.
    Tra l’altro, ho letto recentemente che 18% degli adolescenti oggi smetterebbe (totalmente) di comunicare se non ci fossero i Social Network.
    Il che con il bullismo sembra non riferirsi direttamente, ma non è del tutto vero…
    A presto allora 🙂

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venerdì, 29 Marzo, 2024

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