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Enterprise 2.0

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Quando si parla di web 2.0 per le aziende allora si parla di Enterprise 2.0. Identifica tutta una serie di strumenti che le aziende possono utilizzare per la proprià attività lavorando con il web 2.0. Per quel che riguarda le nostre PMI c’è ancora molto da fare, ma qualche esempio positivo c’è.

Enterprise 2.0
Enterprise 20

E’ da tempo che cerco di approfondire meglio la relazione che sta tra web 2.0 e aziende e per spiegare questo è ilcaso identificare meglio il termine 2.0. L’esigenza di parlare del web 2.0 scaturisce anche da un’indagine del Centro di ricerca TeDIS condotta su un campione di PMI che rivelavano la quasi totale assenza di tecnologia web 2.0 nelle aziende. Ma parlare di web 2.0 nelle aziende si intende più precisamente di Enterprise 2.0. Ma che cos’è?

Il termine Enterprise 2.0 descrive un insieme di approcci organizzativi e tecnologici orientati all’abilitazione di nuovi modelli organizzativi basati sul coinvolgimento diffuso, la collaborazione emergente, la condivisione della conoscenza e lo sviluppo e valorizzazione di reti sociali interne ed esterne all’organizzazione.
Dal punto di vista organizzativo l’Enterprise 2.0 è volto a rispondere alle nuove caratteristiche ed esigenze delle persone ed a stimolare flessibilità, adattabilità ed innovazione.
Dal punto di vista tecnologico l’Enterprise 2.0 comprende l’applicazione di strumenti di social computing riconducibili al cosiddetto Web 2.0 – ovvero blog, wiki, RSS e folksonomie – e, in un’accezione allargata, l’adozione di nuovi approcci tecnologici ed infrastrutturali come SOA, BPM, RIA e di nuovi modelli di offerta come il Software-as-a-Service. (fonte: wikipedia)

Ecco che questa definizione chiarisce un pò meglio la cosa, dire Enterprise 2.0 o dire Web 2.0 non si sbaglia di molto. Ma detto questo è bene anche che oltre a segnalare le cose che non vanno in questo senso sarebbe anche giusto segnalare anche quello che va, se c’è. E in effetti qualcosa c’è ed è il caso di Project Group, come segnala The Social Enterprise, un esempio di PMI che implementa il web 2.0 nella sua attività, ed anche bene.

E’ finora solo un esempio, però vale la pena che se ne parli e che possa costituire un valido stimolo per tutte le altre. Non c’è bisogno di investimenti proibitivi, ma forse sarebbe necessarrio guardare al web con occhi diversi. Guardare al web 2.0 come opportunità. Appunto.

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Franz Russo Blogger, Digital Strategist
Franz Russo, fondatore, nel 2008, del blog InTime, ho collaborato con grandi aziende nazionali e internazionali, come consulente per strategie di comunicazione e come divulgatore. Da sempre impegnato nella comunicazione digitale, cerco di unire sempre una profonda passione per l’innovazione tecnologica a una visione olistica dell’evoluzione dei social media e degli strumenti digitali. Il mio percorso professionale in questo campo, iniziato nel 2007, è stato caratterizzato da un costante impegno nel raccontare e interpretare i cambiamenti nel panorama digitale. Il mio approccio si basa su un mix di analisi strategica, creatività e un profondo impegno per il racconto e la divulgazione.
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2 Commenti

  1. Caro Francesco,
    il vero problema, di fondo, è solo ed esclusivamente culturale e generazionale. Come da anni sostengo, il passaggio da vecchio marketing a nuovo marketing è doloroso perchè è in atto un cambio epocale, una modifica epocale di usi e costumi soprattutto nel nostro piccolo mondo imprenditoriale.
    Una volta, chi era l’imprenditore se non spesso colui che, fallendo sostanzialmente come dipendente, esce dall’azienda che lo aveva assunto per mettersi in proprio con un’attività? Oppure chi, vedendo una opportunità come a suo tempo nella città ove io vivo ha aperto un maglificio senza nemmeno avere la più pallida idea di come si producesse il filo di lana? Tanto, era facile fare impresa. Si evidenzia così una cultura imprenditoriale non sempre capace di cavalcare i tempi e le onde innovative che sistematicamente arrivavano.

    Oggi la questione è differente e chi è rimasto al passo, mostra segni di cedimento. La globalizzazione è più veloce del previsto. E la globalizzazione non arriva solo dallo sbarco dei cinesi via nave, ma arriva da internet alla velocità della luce nel vero senso della parola. Se pensiamo a quello che bolle in pentola nei laboratori di Google, ci rendiamo conto che le generazioni dei 50-60 enni che non anno spirito innovativo (e giustamente essendo ormai arrivati non hanno nemmeno interesse e motivazioni per rinnovarsi) si trovano spaesati di fronte alle novità incombenti.

    Il web 2.0 appunto è un termine piuttosto generico ma che nasconde una montagna di novità che sono tali per le generazioni che stanno preparandosi alla pensione, ma che sono normali per le generazioni nuove. C’è un salto generazionale tra giovani generazioni e quelle dei loro genitori, davvero pazzesco.

    Ma al di là di questo rimane il fatto che il web 2.0 che tra l’altro è un termine già demodè perchè siamo al web al quadrato spinge gli imprenditori a reinventarsi e a introdurre nuovi sistemi di comunicazione. Ma ancora di più, l’imprenditore si trova costretto a reinventarsi completamente secondo nuovi canoni, nuovi strumenti, nuove prospettive e soprattutto, cosa importante, un nuovo pubblico.

    Tu analizzi qui purtroppo la questione solo da un aspetto, che tra le altre cose è quello meno importante. La questione di fondo è che è cambiato il pubblico. Ed è cambiato in modo talmente veloce e radicale da lasciare veri e propri cadaveri sulla strada delle imprese. Il punto è che non sono le imprese che devono ad esempio usare i social network per modulare la propria comunicazione d’impresa in modo efficace e vincente, perchè tanto il pubblico già è presente lì e se tu entri a gamba tesa con i tuoi messaggi promozionali, vieni letteralmente estromesso. Le cose non sono così semplici e richiedono analisi anche in termini sociologici, piuttosto complesse. Se anche un’azienda avanzatissima e attenta ai tempi che cambiano, si adottasse di tutti gli strumenti che il web 2.0 mette a disposizione, non è detto poi che ottenga risultati efficaci. Occorre ben altro.

    Ecco perchè non vedo il web 2.0 come un’opportunità. L’opportunità sta nel pubblico, sta nella cultura, non nei mezzi, altrimenti finisci di avere un badile che però ha anche lo stereo incorporato, il navigatore e l’accendisigari ma alla fine devi solo scavare una fossa. Per essere meno criptici, a che ti serve un blog aziendale, se poi alla fine, non hai nulla di importante da dire? E cosa devi fare per avere qualcosa di importante da dire? Leggere, informarti, ascoltare, sensibilizzarti, guardarti intorno e diventar tu stesso il tuo pubblico. Un po’ quello che tu cerchi di fare qui, con questo tuo blog, sempre molto bello, ma che lascia aperte tante porte e non aiuta ad orientarsi.

    Alla fin della fiera, le aziende, non sono opere di bene, ma sono organizzazioni private a scopo di lucro. Se devi orientare le scelte di un imprenditore sulle meraviglie e le opportunità del web 2.0 devi anche essere ben consapevole e sicuro di potergli illustrare per lo meno, i risultati che potrebbe raggiungere. Altrimenti torniamo a San Tommaso che …

    Ciao

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