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Quando la notte, l’ultimo film di Cristina Comencini

Un film che nonostante le critiche piace perché attraverso l’incontro di due solitudini, dell’universo maschile e di quello femminile, della paternità e della maternità, indaga le zone d’ombra dell’ animo umano. Un invito alla riflessione e all’uso della parola come azione salvifica. Vediamo le reazioni, anche dal web.

Quando la notte - 2011Io e il mio fidanzato (con cui ho visto il film, insieme ai miei genitori tra l’altro) ci siamo detti che quando avremo un bambino, ci ricorderemo di questo film. GRAZIE”. E’ il commento entusiasta  di Federica a Quando la notte  l’ultimo film di Cristina Comencini, tratto dall’omonimo libro edito Feltrinelli, apparso assieme a tanti altri commenti sulla pagina Facebook dedicata.

Tra le montagne un uomo e una donna s’incontrano. Manfred è una guida, chiusa e sprezzante, abbandonato da moglie e figli; Marina una giovane madre in vacanza col suo bambino. Una notte qualcosa succede nell’appartamento di lei e Manfred interviene, portando il bambino ferito in ospedale. Da quel momento l’uomo si metterà sulle tracce di una verità inconfessabile che Marina ha nascosto a tutti, anche al marito, mentre lei intuirà il segreto familiare all’origine dell’odio di Manfred verso tutte le donne. Con una rabbia e un desiderio mai provati prima, i due scopriranno la radice di un legame potente che non riusciranno a controllare né a vivere. Quindici anni dopo quella vacanza, Marina, d’inverno, tornerà al rifugio a cercare Manfred.

La trama è molto semplice e questo ha permesso di mettere in luce in maniera ancora più potente il vero soggetto del film: le relazioni tra uomo e donna e la sottile linea che separa l’odio dall’amore.

quando la notte 1Le protagoniste assolute restano tre donne, a cominciare dalla madre di Manfred (Filippo Timi), solo nominata, che abbandona figli e marito, Marina (Claudia Pandolfi) madre del piccolo Marco, e infine Bianca, la cognata di Manfred, e moglie di Albert: tre facce di una stessa realtà, l’essere madri.

La particolarità del ruolo maschile di Manfred è l’essere al contempo vittima delle fatiche di due donne, sua madre e sua moglie, e allo stesso tempo via di salvezza per Marina, dalla quale imparerà a non dare per scontata la sofferenza che può oscurare l’animo di una donna nel delicato momento in cui dona la vita.

Marina e Manfred sono quindi due personaggi “in-between”, tra l’esempio negativo della coppia madre e padre di lui, incapaci di comprendersi fino in fondo, e l’esempio positivo di Bianca e Albert che con semplicità sono riusciti quotidianamente nel difficile compito di sostenersi a vicenda.

Una delle scene più interessanti del film è quando Marina osserva un  quadro nella sala d’attesa dell’ospedale: una donna con in braccio un bambino. Le due figure creano una forma circolare che richiama un senso di completezza. La prima volta Marina lo osserva sola, il suo piccolo Marco è al pronto soccorso. La seconda volta, circa una settimana dopo, Marina riosserva il quadro tenendo in braccio il figlio: il percorso verso la guarigione dell’animo è quasi concluso. E’ dal confronto che questo è stato possibile, il confronto con un uomo e il confronto con un’altra donna come lei.

Quest’ultimo elemento conduce ad un’ulteriore passaggio. Quante volte le donne hanno vissuto in solitudine situazioni di difficoltà nella più totale indifferenza o banalizzazione delle loro problematiche? In un certo senso, la montagna in cui è ambientato il film, che amplifica l’isolamento dei protagonisti (suggestiva la ripresa dall’alto di Marina sola sul sentiero roccioso che porta al “rifugio”) non è altro che metafora della nostra quotidianità in cui le persone sono portate a piegarsi su sé stesse e a evitare il confronto.

Nel caso specifico delle donne madri particolare è stata in questi ultimi anni la mobilitazione tramite il web e le comunità virtuali. Numerosissimi sono infatti i forum e i blog che creano un luogo di incontro, conoscenza reciproca e mutuo soccorso. Poco più di un mese fa ad esempio si è tenuto a Milano la quarta edizione del MomCamp, un evento “per far incontrare tutte le mamme online e, soprattutto, le mille comunità su Internet che riuniscono mamme, neomamme e future mamme”.  Un segno tangibile del fatto che spesso da un rapporto d’amicizia virtuale possono nascere legami profondi.

“E’ molto isolata la casa?” chiede Marina alla donna dell’agenzia.

L’isolamento spaventa e amplifica le paure. E’ necessario fare rete.

 

 
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Emma Dal Cortivo
Emma Dal Cortivo è una giovane laureata in Cultura e storia del sistema editoriale. Newbie del web e social media marketing è alla ricerca di nuove e stimolanti idee da sviluppare. Se hai qualcosa da suggerirle o semplicemente vuoi seguire i suoi progressi cercala su linkedin o twitter
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2 Commenti

  1. ciao. non ho visto il film, e nemmeno letto il libro, ma dal tuo articolo si capisce bene che si parla di relazioni: tra uno e donna, ma anche tra marito e moglie, tra madre e figlio/a. niente di più difficile in una cultura come la nostra odierna che mitizza quasi esclusivamente la soddisfazione di se, a discapito degli altri. a quanto pare in questa storia viene evidenziato come la tranquillità, la pace interiore (o ferse proprio la felicità?) sia raggiunta grazie alla relazione tra la protagonista, un uomo e una donna.

  2. Ciao Agostino e grazie del tuo commento. In realtà nel film non vi è pace e nemmeno serenità, ma la presa di coscienza accanto alla condivisione sono una via per convivere con il lato meno comprensibile dell’animo. Ti invito ad andarlo a vedere perché esplicita uno stato d’animo che spesso le donne non dichiarano neanche a sé stesse, e la chiusura in se stesse non aiuta, anzi ingigantisce il problema. Buona visione! 😉

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venerdì, 29 Marzo, 2024

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