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Il mentore di Andrea Bocelli, #IlMioMentore

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Andrea Bocelli è tenore, interprete della musica poliedrico, uno degli artisti italiani più conosciuti e amati all’estero. Tanti i riconoscimenti e i premi avuti durante la sua carriera e di recente ha ricevuto anche il “Premio America” della Fondazione Italia Usa. Il testo che pubblichiamo è tratto da “The Person Who Changed My LiFe” di Matilda Raffa Cuomo, Presidente Onorario di Mentoring USA/Italia Onlus, dove racconta di Amos, il suo mentore

Andrea BocelliAmos Martelacci, il mio Mentore, è presente in filigrana nelle pagine del libro  “La musica del silenzio”, pubblicato nel 1999 da Mondadori e prossimo alla ristampa. Ho accolto con gioia l’ invito di Mrs. Matilda Raffa Cuomo a raccontare la mia esperienza di Mentee nel volume  “The person who changed my life”, da Lei curato ed ampliato per una nuova edizione. 

Intorno ai diciotto anni, avvertii il desiderio di un modello da seguire, di qualcuno da emulare, come se non sarebbe bastato il tempo, né il ricordo della maestra delle Scuole Elementari, né le mie quotidiane esperienze a domare il mio carattere impulsivo e passionale.

Accadde qualcosa di veramente importante a dare una svolta, per così dire definitiva, al mio sviluppo spirituale.

Manola, studentessa che ogni giorno mi aiutava nei compiti e nelle letture, avendo conseguito la laurea aveva deciso di sposarsi: mi si presentò, quindi, il problema di sostituirla immediatamente, anche perché -proprio in quell’ anno- avrei dovuto affrontare gli esami di maturità.

D’ altra parte non era semplice trovare una ragazza sveglia, capace e piena di buona volontà, che in breve mi imparasse a conoscere, comprendesse le mie difficoltà, le necessità, nonché i meccanismi mentali di apprendimento.

Anche in famiglia, tutti si erano subito preoccupati e si erano dati un gran da fare a pensare, domandare, a prendere informazioni…

Durante una lunga notte, trascorsa ad occhi sbarrati come spesso le accadeva, mia madre aveva avuto un’ idea che subito le era parsa intelligente, anche se estremamente complicata da mettere in atto: il signor Amos, direttore della Banca popolare agricola di Lajatico, da pochi giorni aveva lasciato il lavoro ed era andato in pensione; troppo presto per la sua età e la sua singolare efficienza.

Amos era un uomo raro, dotato di straordinarie qualità umane e intellettuali e di un corpo eccezionalmente sano e forte; aveva cinquantadue anni e ne dimostrava almeno dieci in meno. Era veramente un uomo fuori dalla norma, in tutti i sensi, ma nessuno poteva accusarlo di nulla; al contrario, tutti lo rispettavano e lo stimavano per le sue capacità, ma anche per la sua generosità nel consigliare, nell’ aiutare chiunque ne avesse bisogno.

Mia madre Edi pensava tutto ciò nel suo letto, e ansiosamente si domandava se quell’ uomo schivo, apparentemente timido e solitario, avrebbe accettato di dare una mano negli studi a suo figlio. Più ci pensava e più si convinceva che fosse la persona più adatta allo scopo.

Edi si dispose, di buon mattino, ad incontrare Amos; dirigendosi verso Lajatico e dopo aver imboccato via Garibaldi, dove il bar era già aperto, notò questa figura che di lì a poco avrebbe indugiato di fronte al chiosco dei giornali.

Fu così che si salutarono, ma quando Amos capì che mia madre aveva bisogno di parlargli, si dispose all’ ascolto ed accolse a mo’ di prova l’ idea di incontrarmi alle cinque del pomeriggio, nella stessa giornata.

Mio padre mi preparò a questo evento sottolineando i tratti caratteristici della personalità di Amos, insistendo sul fatto che questa persona non avrebbe mai detto nulla di cui non fosse estremamente sicura.

Quel pomeriggio Amos arrivò con dieci minuti di anticipo; l’ incontro fu dei più semplici e informali: una stretta di mano, poi salutò il resto della famiglia e chiese di essere accompagnato nel mio studio per “capire”, disse, quello che c’ era esattamente da fare.

Gli mostrai i libri e il registratore a bobine sul quale egli, che immediatamente mi aveva invitato a dargli del tu, avrebbe dovuto incidere la sua voce, per consentirmi di studiare e di riascoltare la lettura anche in mia assenza.

Al termine delle due ore previste per i nostri incontri, Amos si alzò e promise di tornare il pomeriggio successivo, sempre alla solita ora.

Attraversando il tinello per uscire, vide una scacchiera su un tavolino da gioco. “Ti piace giocare a scacchi?” mi domandò. “Sì, sono un passionista” gli risposi, fiero di poter mostrare la mia abilità nel gioco. Amos rise bonariamente, ma di gusto. Mi guardò e, sempre ridendo, mi disse: “Sarai un appassionato, non credo che tu appartenga all’ ordine dei frati passionisti!”

Restavo esterrefatto dal modo con cui il mio Mentore archiviava le sue vittorie, senza nemmeno prendersi la soddisfazione qualche volta di canzonarmi: egli non trionfava mai, ma così facendo, giorno dopo giorno conquistava la mia stima, ammirazione e pian piano anche la profonda gratitudine.

Amos metteva in discussione ogni cosa, smontava ogni mia certezza, ogni idea fissa, ogni forma di fanatismo giovanile; mi nutriva col nettare del dubbio, che sulle prime può dare angoscia e smarrimento, poi inebria e dà gioia, perché dubitare non solo aiuta a crescere, ma soprattutto libera dalla schiavitù insopportabile dell’ obbligo di aver ragione a ogni costo.

Così, lentamente, iniziai ad avvertire un senso di pace, che mai avevo provato prima, e con questo nuovo spirito mi sentii più forte e coraggioso, perché la pace è un singolare baluardo che si rafforza ogni volta che viene attaccato e nessuno può espugnarlo, tranne la coscienza che lo ha eretto e che, quindi, ne conosce tutti i segreti.

Da Amos, non ricevevo mai lodi né attestati di stima, eppure provavo per lui un affetto che cresceva rapidamente, soprattutto in ragione di quella forza straordinaria che egli impiegava per il bene delle persone e delle cose.

Durante una passeggiata lungo il fiume, mi aveva detto:

Ci vuole una grande forza per produrre il male e il bene, ma per il bene ce ne vuole molta di più, perché il bene sta al male come il costruire sta al distruggere, e l’ uno è ben più impegnativo dell’ altro; il bene e il male sono, dunque, nelle mani dei forti, ma quelli che fanno il bene sono i più forti, sono i più grandi, anche se spesso non fanno notizia e operano nell’ ombra. L’ umanità, però, avanza sulle loro spalle, ricordatelo”.

Non l’ avrei mai dimenticato.

Circa vent’ anni dopo, a Brema, per la prima volta, Amos assistette ad una mia esibizione e alla fine del concerto corse a stringermi calorosamente la mano, congratulandosi con me. Chissà cosa avrei pagato per conoscere esattamente le sensazioni che il mio amico, seduto in platea, in mezzo al pubblico, aveva provato nel vedermi salire su quel palco, al fianco di un celebre direttore, ed esibirmi per tutta quella gente che conosceva e amava la musica, che viveva di musica e poteva fare centinaia di confronti e formulare giudizi severi…

Chissà se Amos, ancora una volta, aveva trovato il tempo di osservare tutte quelle facce attente e analizzarle con la lucidità di sempre, o se si era abbandonato all’ ascolto, emozionato e intimamente commosso?

Non lo avrei mai saputo. 

Fino al 30 settembre è possibile donare due euro inviando un sms al numero 45507 o cinque euro dal telefono fisso per “Cambia la vita di un bambino” iniziativa di Mentoring Usa Italia Onlus

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Franz Russo Blogger, Digital Strategist
Franz Russo, fondatore, nel 2008, del blog InTime, ho collaborato con grandi aziende nazionali e internazionali, come consulente per strategie di comunicazione e come divulgatore. Da sempre impegnato nella comunicazione digitale, cerco di unire sempre una profonda passione per l’innovazione tecnologica a una visione olistica dell’evoluzione dei social media e degli strumenti digitali. Il mio percorso professionale in questo campo, iniziato nel 2007, è stato caratterizzato da un costante impegno nel raccontare e interpretare i cambiamenti nel panorama digitale. Il mio approccio si basa su un mix di analisi strategica, creatività e un profondo impegno per il racconto e la divulgazione.
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