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Social Recruiting: ciò che conta è la Motivazione

Ci sono tre domande fondamentali a cui saper rispondere per prepararsi con successo a un colloquio di lavoro: quello che sai già, quello che puoi fare e quello che vuoi davvero. Quest’ultima è la domanda essenziale, perché la Motivazione è tutto ciò che fa la differenza nel mondo odierno in cui il lavoro si trova attraverso i Social Network.

Per prepararsi al meglio ad un colloquio di lavoro, oggi, non è più sufficiente il Curriculum Vitae.
E’ dimostrato che la stragrande maggioranza dei recruiter non si basa sulla formazione e sugli studi del possibile nuovo candidato né su informazioni scritte.
Se da un lato questo spiega il numero dei laureati senza occupazione, c’è da chiedersi davvero cosa conti per farsi assumere oggi da un’azienda.

Sicuramente con il dilagare delle attività in Rete, l’incontro tra domanda e offerta di lavoro avviene proprio sul Web.
Basti pensare che oggi quasi il 90% dei selezionatori utilizza il Social Recruiting, informandosi attraverso i blog e i Social Network sull’identità del candidato.
Poco più del 15% legge il CV e una percentuale analoga è quella riferita ai recruiter che si informano sui contatti professionali e sugli scambi di interazione sui Social Network del candidato.

social recruiting motivazione

Quando si ripete che l’uso dei Social Network, professionalmente parlando, deve oggi tener assolutamente conto di caratteristiche distintive come la credibilità, la trasparenza, la professionalità è anche perché la prima qualità che i recruiter cercano è l’affidabilità della reputazione online.
Una reputazione che non si riflette solo nei post sui blog, ma anche nella qualità dell’immagine che si dà su tutti i canali social.
La coerenza, lo stile di scrittura e interazione, la capacità di confrontarsi con detrattori o con argomenti spinosi, ma anche il carattere del candidato, le predisposizioni, le doti, l’abilità di assumersi rischi e responsabilità.
Curare il proprio personal branding su blog e su Social Network significa prima di tutto, quindi, coltivare la propria rete di relazioni lavorative.

Ci sono, tuttavia, tre domande fondamentali a cui il candidato deve sapere rispondere, oltre naturalmente a dover conoscere al meglio l’azienda a cui si propone.
E dal punto di vista del recruiter la risposta a queste tre domande è molto più importante di tutte le ricerche che può fare sul Web riguardo al candidato.

Cosa so già, cosa posso fare, cosa voglio fare.

Cosa si sa fare è facile dirlo.
Una volta che, attraverso il Social Recruiting, si è di fronte alla persona incaricata di assumerti o meno, basta forse solo tirare il fiato.
Imparare ad essere il più semplici e diretti possibile.
E’ la nostra genuinità che conta di fronte a questa domanda: perché la risposta è di per sé data dagli studi, dall’istruzione, dalla formazione e dalla cultura che abbiamo maturato.
Qui il segreto non può che essere la sincerità.
Qualsiasi bugia si svelerebbe in pochissimo tempo, senza darci più alcuna possibilità di recuperare la posizione di lavoro.
Un “non lo so fare” non discrimina affatto il risultato di un’assunzione, anzi: circoscrive le reali abilità del candidato e semplifica qualsiasi futuro compito o relazione di lavoro.

Che cosa si può fare è già un concetto più complesso.
Significa saper valutare la propria capacità di apprendimento, la velocità nell’imparare mansioni nuove, l’abilità di acquisire nuove funzioni lavorative.
Sta a noi saperlo.
Chi è di fronte a noi difficilmente – anche attraverso il Linguaggio Non Verbale – riesce a capirlo.
E’ qualcosa che trascende dall’attuale modo di comunicare o interagire, perché oltrepassa i limiti che abbiamo nel momento presente.
E’ una proiezione di noi nel futuro che solo noi, comprendendo interiormente le proprie potenzialità, possiamo fare.
Sicuramente, viene chiamata in causa in primo luogo la flessibilità e la dinamicità della nostra identità.

Quanto, in altre parole, la nostra personalità può cambiare per adattarsi a qualcosa che non si è già acquisito, che ancora non si è sperimentato, ma si può imparare. E con quale efficacia, con quale velocità, con quale elasticità mentale possiamo saperlo solo noi, ascoltando le nostre paure e i nostri limiti.
Siamo a che fare direttamente con i nostri blocchi e condizionamenti.
Ci viene chiesto se siamo in grado di uscire dalla nostra Confort Zone e questa è una consapevolezza che possiamo avere solo noi.
Non ha più importanza cosa siamo stati fino ad ora: la domanda che ci viene posta è se possiamo cambiare. Essere qualcos’altro e fare qualcos’altro.
Un suggerimento: basta guardarsi indietro e ricordarci di quanti passi abbiamo fatto, in quanto tempo e con quale sforzo, per dare a noi stessi una risposta. Per essere consapevoli di cosa possiamo veramente fare della nostra vita.

Ciò che, tuttavia, è veramente difficile è riuscire a capire cosa vogliamo fare. E, naturalmente, convincerne il recruiter.
La domanda più difficile, la risposta più importante.
Perché entra in gioco da protagonista uno dei comportamenti – inconsci e consci – principali dell’essere umano: la Motivazione.
Non si può descrivere questo aspetto in poche parole. Tuttavia, si può dire senz’altro che nasce da una predisposizione interiore potentissima ed essenziale, capace di mettere in moto qualsiasi nostra azione.
Dalle pulsioni agli istinti, dagli obiettivi alle ambizioni, conscio e inconscio creano questa caratteristica umana senza la quale si soccomberebbe, si fallirebbe, non si raggiungerebbe mai la meta prefissata.
La motivazione è il motore dell’agire umano, quella molla che ne detta la direzione, ne spiega le scelte, completa l’apprendimento e realizza ogni aspirazione e desiderio.

Nella storia della psicologia, la Teoria sulla Motivazione ritenuta ancora oggi più rilevante è quella della Piramide dei Bisogni dello psicologo statunitense Abraham Maslow.

social recruiting piramide bisogni maslow

Lo studioso identifica sei categorie di bisogni – le motivazioni, appunto -, che vanno dal più semplice al più complesso in una scala prettamente gerarchica. Se uno di questi bisogni non viene pienamente soddisfatto, l’individuo non sentirà l’esigenza di procedere alle motivazioni successive della scala.
Alla base della Piramide ci sono, naturalmente, i Bisogni Fisiologici legati espressamente alla sopravvivenza dell’uomo.
Al secondo posto c’è la necessità di Sicurezza, quindi di entrare in contatto con un gruppo che possa proteggere. Il Bisogno di Appartenenza al Gruppo si posiziona, tuttavia, solo al terzo gradino della Piramide, una volta che l’individuo si è già rassicurato di “esistere” per il resto della specie umana. Seguono i Bisogni di Stima e Riconoscimento: l’individuo è ormai parte integrante del gruppo e ora cerca un riscontro sociale e un’interazione.
Più in alto nella scala, al quinto posto, l’individuo che ormai è diventato un essere relazionale cerca una sua Indipendenza.
Sembra una contraddizione e non lo è.
Il confine tra l’Io e il Noi è essenziale da marcare per poter realizzare interiormente una vera e propria autonomia, per potersi dare degli Obiettivi di Autorealizzazione.
E’, infatti, proprio in cima alla Piramide dei Bisogni che l’uomo cerca di raggiungere le proprie ambizioni, di far avverare i propri sogni, di spingersi sempre più in là per sviluppare tutte le proprie potenzialità.

Naturalmente, è a quest’ultimo livello della scala evolutiva che si fa riferimento quando si parla di sapere cosa si vuole fare durante un colloquio di lavoro.
E’ quello che conta più di tutto, perché è in gioco la nostra Motivazione a realizzare i compiti proposti.
Ciò che fa la differenza è l’abilità di convincere il recruiter della nostra determinazione a raggiungere la meta, a svolgere le mansione richieste e ancora di più: ad avere ambizioni personali.

Buttare il cuore più in là, oltre le nostre paure di fallimento.
Perché più in alto andiamo, più rischiamo di farci male.
La paura e l’insicurezza sono naturali, sono l’altra faccia della medaglia.
Il desiderio di evitare l’insuccesso e il dolore della delusione è inevitabile, ma inesorabilmente abbassa il livello delle aspirazioni.
Purtroppo, la paura di fallire ha un odore che viene riconosciuto molto in fretta.
Quindi in fretta è necessario imparare a dominarla.
Controllarla, gestirla.
E’ questa padronanza ciò che prima di tutto viene richiesto e ciò che determinerà l’assunzione.

La passione non può prescindere dall’impegno.
Questo significa davvero avere voglia di fare.
E’ così che si cresce, che si ottiene un lavoro, che si conquista una meta: il meglio di noi dev’essere solo il punto di partenza.
Velocità, competenza e potenza sono tutti valori solo da spostare. Più avanti ogni giorno.
Perché tutti noi siamo nati con dei limiti e la nostra sfida è quella di superarli.

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Francesca Ungaro
Webwriter e Content Manager. Psicologa Clinica. Ho lavorato come Responsabile della Comunicazione Corporate. Psicologia e scrittura sono le realtà che si intrecciano da sempre nella mia vita.

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martedì, 19 Marzo, 2024

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