Amazon sta affrontando uno dei momenti più complicati da quando è nata. Il voto in Alabama potrebbe permettere l’ingresso dei sindacati all’interno delle proprie strutture. Ma la strategia social, molto aggressiva, è una scelta sbagliata.
Come molti di voi sapranno, questa per Amazon è la settimana decisiva, in quanto potrebbe dare vita, per la prima volta in 27 anni, all’ingresso dei sindacati all’interno dei propri magazzini. La posta in gioco per Amazon è molto alta perché significherebbe rivedere i rapporti di lavoro con i propri dipendenti, finora gestiti senza bisogno che ci fosse una organizzazione dei lavoratori ad avanzare le istanze e le richieste degli stessi. Si tratta di uno dei grandi traguardi del secondo datore di lavoro degli Stati Uniti d’America che impiega nel mondo 1,3 milioni di persone. Solo nel 2020, l’anno della pandemia, con la spinta enorme e globale registratasi sul commercio online, Amazon ha impiegato 500 mila persone. In Italia sono circa 9.500 in 40 siti.
Amazon e Union Vote in Alabama
Per cercare di riassumere la questione, molto complessa per la verità, diciamo che all’interno del magazzino di Bessemer, Alabama (Usa), a fronte della pandemia, è nata una crescente richiesta di orari di lavoro più congrui, più tempo per le pause (i lavoratori raccontano di due pause di 30 minuti in un turno di 10 ore) e un trattamento più rispettoso. Come già successe nel 2014, per la seconda volta in un magazzino Amazon negli Usa si vota per avere una rappresentanza sindacale che gestisca le relazioni con l’azienda.
Le operazioni di voto per posta non iniziate a febbraio e si sono concluse nello scorso fine settimane. Da lunedì è iniziata la fase del conteggio dei 6.000 voti e le operazioni potrebbero protrarsi per diverse giorni prima di conoscere l’esito. Nel frattempo, il caso ha finito per coinvolgere, inevitabilmente, la politica e non sono pochi i deputati che hanno preso posizione a difesa dei lavoratori Amazon dell’Alabama.
In particolare, due senatori si sono schierati apertamente a difesa dei lavoratori e parliamo di Bernie Sanders, che è andato a trovare i lavoratori nel sito di Bessemer, ed Elizabeth Warren.
Amazon e la strategia sui social media
Ora, questo era per cercare di contestualizzare un po’ quello che sta accadendo intorno ad Amazon, il colosso e-commerce fondato da Jeff Bezos, l’intento è quello di soffermarci sulla strategia di comunicazione, sui social media in particolare, che l’azienda ha tenuto negli ultimi giorni. Una strategia dura, rude, in alcuni casi anche inappropriata, a testimonianza di come a volte non è vero che le dimensioni dell’azienda corrispondano ad una migliore gestione della propria comunicazione e della propria immagine.
Dopo che i due parlamentari citati si sono schierati apertamente a favore dei lavoratori, secondo quanto riportato da Recode, Jeff Bezos in persona si sarebbe indispettito non poco, ordinando ai suoi manager di essere più incisivi a contenere le critiche sollevate dai due democratici.
Di fronte a questa richiesta, mentre le operazioni di voto erano ancora aperte, Amazon decide di optare per una strategia sui social media frontale, molto aggressiva. E, oltre alle lamentele di Bezos, quello che ha preoccupato di più i vertici di Amazon è stato l’annuncio della visita di Sanders al magazzino di Bessemer. A quel punto la parola d’ordine è diventata “combattere”.
Guardate i tweet che fa Dave Clark, il 24 marzo, quasi a sfidare Sanders sul tema del salario orario che l’azienda garantisce e sulle garanzie.
1/3 I welcome @SenSanders to Birmingham and appreciate his push for a progressive workplace. I often say we are the Bernie Sanders of employers, but that’s not quite right because we actually deliver a progressive workplace https://t.co/Fq8D6vyuh9
— Dave Clark (@davehclark) March 24, 2021
Clark alza subito il tiro, vuole lo scontro e non è affatto conciliante. Butta nel mezzo quello che loro fanno, facendo intendere che “quello che facciamo noi non lo fa nessun altro, vai a fare battaglia da qualche altra parte“. Insomma, non un bel modo di conversare per essere il CEO di Amazon, una delle aziende più grandi del mondo. Provate a immaginare se Tim Cook facesse una cosa del genere, sarebbe, appunto, impossibile.
Amazon sa benissimo che questo “Union Vote” è più grande di quanto si possa immaginare, è in gioco la stessa credibilità dell’azienda.
E non è finita. Guardate come l’account di Amazon, @AmazonNews, risponde al repubblicano Mark Pocan che, citando con un commento il tweet di Clark, fa notare che nonostante la paga 15 dollari l’ora, Amazon non è un “luogo di lavoro progressista” se ci sono autisti che “fanno la pipì nelle bottiglie“. Guardate con quale aggressività si risponde, tutto il contrario di quello che si dovrebbe fare in questi casi: “La verità è che noi abbiamo più di 1 milione di dipendenti che sono orgogliosi di quello che fanno”.
L’azienda non approcci alla conversazione cercando di spiegare la propria posizione, come si dovrebbe fare in questi casi, invitando l’interlocutore a “toccare con mano” quello che si sostiene. L’errore è già stato fatto, continuare con una strategia aggressiva non si fa altro che peggiorare le cose. Altro errore è anche quello di ritenere che l’aggressività in questi casi possa poi permettere di raccogliere qualche frutto. Invece, e bisogna dirlo chiaramente, questa strategia porta a raccogliere solo tempesta, come infatti sta avvenendo.
Come detto prima, anche Elizabeth Warren, in questa occasione, è tornata alla carica sfruttando l’occasione dello Union Vote per rimarcare l’intenzione di presentare una legge che imponga ai colossi di Amazon di pagare “le giuste tasse” ed “evitare di eluderle portando tutto in paradisi fiscali“. Ecco come risponde Amazon:
1/3 You make the tax laws @SenWarren; we just follow them. If you don’t like the laws you’ve created, by all means, change them. Here are the facts: Amazon has paid billions of dollars in corporate taxes over the past few years alone.
— Amazon News (@amazonnews) March 26, 2021
1/3 You make the tax laws @SenWarren; we just follow them. If you don’t like the laws you’ve created, by all means, change them. Here are the facts: Amazon has paid billions of dollars in corporate taxes over the past few years alone.
— Amazon News (@amazonnews) March 26, 2021
“Cambiatele pure le leggi, non abbiamo pagato miliardi di dollari di tasse negli ultimi anni, questi sono i fatti“. Ma il diverbio poi è continuato, con la senatrice Warren che sottolinea l’arroganza dei tweet:
I didn’t write the loopholes you exploit, @amazon – your armies of lawyers and lobbyists did. But you bet I’ll fight to make you pay your fair share. And fight your union-busting. And fight to break up Big Tech so you’re not powerful enough to heckle senators with snotty tweets. https://t.co/3vCAI93MST
— Elizabeth Warren (@SenWarren) March 26, 2021
E Amazon risponde così:
This is extraordinary and revealing. One of the most powerful politicians in the United States just said she’s going to break up an American company so that they can’t criticize her anymore. https://t.co/Nt0wcZo17g
— Amazon News (@amazonnews) March 26, 2021
La strategia del “tweeting through it”
Quasi sempre le grandi personalità, come anche le grandi aziende, quando avvertono di essere in difficoltà o di essere prese di mira, la prima cosa che pensano di fare è adottare una strategia di attacco, pensando che esprimendo il proprio pensiero e le proprie motivazioni con aggressività possa portare a qualcosa di buono. Si tratta di una strategia che il più delle volte viene adottata proprio su Twitter, è quella che in gergo la si definisce “tweeting through it“. Una strategia difensiva che il più delle volte ha finito per complicare le cose. In pratica ad una domanda o ad alcune considerazioni che possono sembrare aggressive, si risponde moltiplicando l’aggressività, alzando il tono della conversazione, spiegando le proprie motivazioni con un tono arrogante e tracotante.
Un esempio di strategia “tweeting through it” è quella che sistematicamente metteva in campo Donald Trump quando veniva attaccato. E sappiamo tutti come è finita.
Cosa avrebbe dovuto fare Amazon in una situazione come questa?
Cosa avrebbe dovuto fare Amazon?
La risposta è molto semplice: esattamente il contrario.
Questo perché l’esito del voto dell’Alabama, se vincessero i lavoratori, potrebbe innescare altri voti in altrettanti magazzini Usa e quindi metter in condizioni l’azienda di cedere sul punto che finora ha resistito in questi 27 anni. Quello che rimane, mettendo in pratica una strategia aggressiva, senza minimamente dimostrare di voler ascoltare e aprire un dialogo costruttivo, è il messaggio: “Io sono quello che vi pago di più e voi fate quello che vi dico“.
Non è un bel modo di comunicare, specialmente sui social media dove il tema è trattato sempre con grande enfasi, capaci di generare conseguenze pesanti per l’azienda. Adesso Amazon potrebbe ancora recuperare in termini di immagine e chiedere scusa. Ma questa volta senza usare Twitter. Non avrebbe senso infatti fare come fanno in tanti, alzare il polverone e poi esporsi chiedendo scusa non aiuta. Il più delle volta si finisce per generare una “toppa peggiore del buco”.
Ideale, prima dell’esito del voto, sarebbe quello di emanare un comunicato e scusarsi per aver alzato i toni, invitando i parlamentari a un dialogo sereno. Questo aiuterebbe molto, ma non succederà.