A un anno dall’acquisizione di Twitter – oggi X – da parte di Elon Musk, l’alternativa Pebble, nata come T2, annuncia la chiusura. Nel panorama dei social media, la concorrenza si intensifica e le nuove piattaforme iniziando ad affrontare difficoltà impreviste.

A distanza di un anno dall’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk dire che la piattaforma, che ora si chiama X, resista ancora appare cosa ovvia. Resiste ancora, ma non certo con la forza che qualcuno si aspettava.

Con tutto quello che è avvenuto in questo anno, con il pullulare di alternative a Twitter/X, a distanza di 12 mesi possiamo dire che forse qualcosa sta cambiando. E non è detto che questo cambiamento significhi miglioramento.

Intanto nel grande mare delle alternative a Twitter qualcuna comincia a arenarsi definitivamente. Ed è il caso di Pebble. Il sassolino smette di funzionare.

Ascesa e caduta di Pebble, ex T2

La piattaforma nata inizialmente come T2, fondata da ex dipendenti di Twitter, e poi conosciuta come Pebble ha annunciato che smetterà di funzionare a partire dal 1 novembre prossimo. Una notizia che può sembrare una delle tante che si leggono durante il giorno sul web e sui social media, ma che in verità ci dice molte cose.

Intanto è che la forza propulsiva di andare oltre Twitter/X si è esaurita e chi andava alla ricerca di alternative a Twitter ha trovato il suo luogo dove restare. E poi, questa notizia ci dice anche che X resta ancora forte, grazie comunque al fatto che molti utenti restano all’interno della piattaforma continuando ad usarla come prima, nonostante i cambiamenti introdotti nell’ultimo anno.

addio pebble franzrusso.it

E, ancora, che creare una alternativa a Twitter in realtà è quasi impossibile. Perché Twitter resta una esperienza irripetibile, con tutti i suoi difetti.

Questo lo si vede proprio dalla fine di Pebble. La piattaforma T2 (e forse, come riconosciuto anche dai fondatori, il cambio di nome deciso negli ultimi mesi non ha aiutato) è arrivata in queste ultime settimane ad esaurire tutte le sue forze, facendo segnare circa 3 mila utenti attivi al giorno su 20.000 utenti registrati. Numeri poi arrivati a 1.000 utenti giornalieri dopo il rebranding.

Eppure, i numeri erano partiti bene con circa il 60% di conversione sulla base delle decine di migliaia di inviti inviati. Un finanziamento inziale di 1,1 milioni di dollari che includeva investitori come l’ex VP di Google, Bradley Horowitz, il co-fondatore di Android, Rich Miner, e l’ex CEO di Wikipedia, Katherine Maher non è bastato.

L’ipotesi di Pebble era che gli utenti desiderassero un’alternativa a Twitter che desse priorità alla fiducia, alla sicurezza e alla moderazione, fin dall’inizio. Per questo motivo, e fin dall’inizio, il team fondatore (in cui vi è anche Gabor Cselle, Group Product Manager di Twitter) includeva anche Sarah Oh, ex consulente per i diritti umani di Twitter.

Pebble continua a credere che il suo approccio alla moderazione fosse corretto. Anche se non è stato alla fine un fattore di crescita.

Siamo immensamente orgogliosi di ciò che il nostro team e la nostra comunità hanno realizzato insieme – scrive Pebble – e ci sentiamo validati dal fatto che la nostra visione per Pebble si sia rivelata vera: una crescita mirata, sostenuta da un profondo impegno per la sicurezza, può favorire una bellissima comunità online piena di autentica connessione umana. La dura realtà, tuttavia, è che non stavamo crescendo abbastanza velocemente per convincere gli investitori che avremmo avuto successo. Unendosi a un mercato affollato di alternative, la salita diventa ancora più ripida. Per continuare a sviluppare Pebble, avremmo avuto bisogno di più investimenti e più tempo”.

Già il tempo. La variabile che ormai determina il successo o la fine, come abbiamo visto in questo caso, di un progetto che punta a creare nuove strade. E siccome in questo mare si naviga velocemente, con altrettanta velocità bisogna essere bravi ad imporsi con idee chiare sin da subito.

E poi, il cambio del nome, come dicevo prima, non ha aiutato. Forse per staccarsi da quella “T” che richiamava subito Twitter si è pensato che un nome diverso potesse essere più attraente. Ma così non è stato.

Il grande mare delle alternative, dunque, comincia a restringersi, a ridursi verso quelle idee che hanno superato questa prima fase che coincide con il primo anno di X a guida Elon Musk. E sicuramente la chiusura di Pebble potrebbe rivelarsi un segnale da non sottovalutare per tutte quelle alternative che ancora riescono ad attrarre utenti in cerca di luoghi sicuri e alternativi a Twitter.

Lo scenario delle alternative a X e il futuro

E pensiamo a Mastodon, a Bluesky, a Threads di Meta, tanto per citare quelle che al momento stanno provando a ricavarsi uno spazio proprio.

Chiaro che tra tutte Threads sembrerebbe avere una marcia in più, che si chiama Meta. Ma il fatto di non essere presente nei paesi UE e anche quello di non avere ben chiaro cosa fare con la condivisione delle notizie, non è detto che riesce il suo intento. Specie se consideriamo che nel giro di poche settimane dal suo lancio perse circa l’80% degli utenti.

Senza dimenticare Bluesky. Il progetto iniziale di piattaforma decentralizzata voluto da Jack Dorsey, oggi fuori dalla società, con 1,5 milioni di utenti si candida seriamente come valida alternativa a Twitter/X. Anche se resta ancora in versione beta chiusa, cioè ci accede solo con invito.

Certo, la crescita di valide alternative avrebbe come ricaduta la perdita di appeal di X. Che si troverebbe a dover fare i conti, in maniera seria, con una situazione molto difficile, dove gli utenti sono in calo e dove la raccolta pubblicitario è crollata, a detta dello stesso Musk.

Insomma, alla luce di tutto questo resta però il fatto che una delle candidate a sostituire Twitter, come idea iniziale, si ferma. Ce ne sarà una prossima?

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Franz Russo Blogger, Digital Strategist
Franz Russo, fondatore, nel 2008, del blog InTime, ho collaborato con grandi aziende nazionali e internazionali, come consulente per strategie di comunicazione e come divulgatore. Da sempre impegnato nella comunicazione digitale, cerco di unire sempre una profonda passione per l’innovazione tecnologica a una visione olistica dell’evoluzione dei social media e degli strumenti digitali. Il mio percorso professionale in questo campo, iniziato nel 2007, è stato caratterizzato da un costante impegno nel raccontare e interpretare i cambiamenti nel panorama digitale. Il mio approccio si basa su un mix di analisi strategica, creatività e un profondo impegno per il racconto e la divulgazione.

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