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Lavorare troppo fa male, ecco come preservare benessere fisico e mentale

Non è la prima volta che si afferma che lavorare troppo fa male, ma stavolta, a supporto di questa tesi, ci sono anche studi scientifici. Quindi, lavorare troppo fa male e in occasione della Giornata Mondiale della Salute sul Lavoro, che si celebra il 28 aprile, questo è un messaggio fondamentale. Ecco 10 regole per preservare benessere fisico e mentale.

Spesso e volentieri quando si dice che lavorare troppo fa male, l’affermazione viene presa sotto gamba, considerata come una affermazione goliardica. Invece, lavorare troppo fa male è vero e lo confermano anche studi scientifici. Un messaggio che, in occasione della Giornata Mondiale della Salute sul Lavoro, #SafeDay2018, che si celebra il 28 aprile, assume un’importanza fondamentale. Essere stacanovisti insomma non paga, anzi fa male. Tutti sapete che “stacanovista” significa colui che “si sottopone regolarmente a ritmi estenuanti in una certa attività, chi lavora in modo indefesso e talvolta con connotazioni negative, come la mancanza di rispetto per la propria persona”. In una società come quella odierna, dove tutto corre velocemente, dove spesso si pensa solo a lavorare e si pensa poco a sè stessi, è molto facile ritrovarsi in condizioni di lavoro senza sosta.

E’ un tema che vogliamo considerare oggi, per quanto possa sembrare lontano dai temi che trattiamo solitamente qui sul nostro blog, per il fatto che si sente spesso, nel settore tecnologico e digitale, l’espressione “non posso staccare, devo lavorare“, “sono sempre al lavoro anche di domenica” e così via. Condizione questa che riguarda sia chi lavora nel settore da dipendente sia chi lavora da freelance, non vi è alcuna differenza. Sembra quasi che l’essere connessi implichi il fatto che il lavoro non debba cessare mai. E invece no, non è così e non deve essere così. Per i motivi che adesso vediamo insieme.

lavorare troppo fa male safeday2018 franzrusso.it 2018

Insonnia, depressione, problemi fisici gravi o cronici, sono tutti sintomi dell’eccesso di fatica e stress che la vita lavorativa comporta e che rischia di risucchiare il lavoratore in una spirale da cui è difficile tirarsene fuori. Ma quali sono le cause che provocano tutto questo malessere? In un mondo lavorativo volatile che segue regole obsolete e frenetiche: i ritmi di lavoro sono prolungati, l’ansia di sovrastare i colleghi prende il sopravvento e l’incapacità di superare feedback negativi agisce sull’idea di carriera che si frantuma insieme alle elevate aspettative. E a risentirne è la salute. Lo conferma anche la scienza che con una ricerca pubblicata sulla rivista Lancet e ripresa dalla CBS, stabilisce che lavorare più di 55 ore alla settimana accresce il rischio di ictus del 27% e di sviluppare una malattia cronica del 13%. Questa instabilità porta l’organismo e la salute mentale a situazioni di stress e per cercare di “non perdere la testa” l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha istituito proprio la Giornata Mondiale per la Salute e Sicurezza sul Lavoro, utile a ricordare di ridimensionare gli impegni e a salvaguardare se stessi.

Lavorare troppo fa male non solo al fisico ma anche alla mente, è questa la tesi supportata dalla ricerca della Melbourne University e pubblicato sul The Guardian, in cui è evidenziato come dopo i 40 anni è bene lavorare solo 25 ore alla settimana. La ricerca, derivante da un sondaggio effettuato su un campione di 6500 lavoratori australiani, si è basata su tre parametri: memoria, abilità percettive e capacità di comprensione di un testo scritto. Ebbene, è emerso che, indistintamente uomini e donne, hanno difficoltà a concentrarsi e il calo della produttività è più che evidente.

E se in Svezia la giornata tipica è di 6 ore giornaliere, secondo lo studio condotto dalla University College London il lavoro extra può in casi estremi, uccidere. Come riportato infatti dal The Telegraph, nelle persone che lavorano per troppe ore si può sviluppare un battito cardiaco irregolare che può aumentare la possibilità di ictus, insufficienza cardiaca e demenza. I ricercatori hanno riscontrato, esaminando oltre 85 mila uomini e donne seguiti per 10 anni in cui venivano registrati orario di lavoro e situazione cardiaca, che chi lavora più di 55 ore settimanali ha il 40% in più di probabilità di sviluppare fibrillazione atriale con vertigini e mancanza di respiro. Pericoli concreti dunque, non solo da un punto di vista fisico ma anche psicologico: il risultato è quello di sentire che la vita si stia letteralmente consumando, sconfinando in uno stress senza fine.

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Secondo lo studio dell’Australian National University Research School of Population Health pubblicato sul Time, emerge che la soglia massima è di 39 ore settimanali, oltre la quale potrebbero sorgere i primi problemi. Ma come affrontare al meglio i ritmi frenetici senza farsi travolgere?

La soluzione, in un contesto come questo, come suggerisce Marina Osnaghi, prima Master Certified Coach in Italia, è quella di “trovare spazi di decompressione, iniziando dalle piccole cose come smettere di mangiare di fronte al pc o non pranzare affatto, per arrivare alle grandi e complesse come cambiare prospettiva mentale e imparare a convivere con la pressione dei nostri tempi con cui tutti ci dobbiamo misurare ed essere in grado di commutare la velocità e il caos da anomalia a normalità”. Sembra facile, ma la domanda vera è come fare per convivere con questi ritmi senza subirne lo stress e quindi stare male?

La Osnaghi ha elaborato alcune 10 regole che vogliamo condividere con voi:

  1. Sospendi le attività –  Non lavorare al pc nei 90 minuti precedenti al momento di andare a dormire perché lo schermo, la luce e la pressione di terminare “svegliano” il cervello. Da non fare quindi.
  2. Libera la mente – Ci sono momenti in cui non devi lavorare ma lasciar spazio a nuove idee: illustri personaggi del passato hanno prodotto le loro invenzioni nell’inattività. E’ il caso di cominciare allora.
  3. Vivi la tua creatività – In essa risiede la più grande fonte di soddisfazione personale perché ci prendiamo del tempo per fare ciò che ci piace. Regola fondamentale questa.
  4. Fermati – Ogni volta che senti arrivare stress, paura, preoccupazione o panico inizia a respirare profondamente. Manda il respiro in ogni parte del corpo, specialmente dove senti tensione.
  5. Decomprimi e pianifica la tua personale cura Detox: gestisci lavoro e riposo in maniera differenziata e pianifica anche tempi di inattività.
  6. Utilizza il feedback di riconoscimento, che ti obbliga a concentrarti sul positivo ed utilizzare il problema per migliorare senza accanirsi sulla mancanza di soluzione.
  7. Metti il focus sulla soluzione – Se vivi evitando fallimento e guai ti concentri sulla cosa sbagliata: devi concentrarti sulla cosa migliore da fare. Non è facile ma si può.
  8. Semplifica – Quando le cose si complicano fermati e cerca una modalità più semplice: nelle cose complicate si nasconde parte del problema.
  9. Consapevolizza la “realtà sostenibile”. Se c’è un’aspettativa c’è anche il rischio di disattenderla quindi successo e fallimento vanno accettati come parte dell’esistenza.
  10. Trasforma la prospettiva del problema in gestione del limite, tuo e degli altri. La realtà è fatta di limiti come di opportunità: vanno gestite entrambe contemporaneamente e senza perdere di vista la possibilità di soluzione.

Ci sembrano regole sensate che possono davvero aiutarci a vivere meglio la dimensione del lavoro, preservando sempre e comunque il nostro benessere fisico e mentale.

E voi come vivete il vostro lavoro? Siete stressati? Riconoscete come valide queste regole o volete aggiungerne delle altre? Raccontataci qui o sui social media la vostra esperienza.

 

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Franz Russo Blogger, Digital Strategist
Franz Russo, fondatore, nel 2008, del blog InTime, ho collaborato con grandi aziende nazionali e internazionali, come consulente per strategie di comunicazione e come divulgatore. Da sempre impegnato nella comunicazione digitale, cerco di unire sempre una profonda passione per l’innovazione tecnologica a una visione olistica dell’evoluzione dei social media e degli strumenti digitali. Il mio percorso professionale in questo campo, iniziato nel 2007, è stato caratterizzato da un costante impegno nel raccontare e interpretare i cambiamenti nel panorama digitale. Il mio approccio si basa su un mix di analisi strategica, creatività e un profondo impegno per il racconto e la divulgazione.
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