OpenAI risponde al New York Times, dopo la querela per violazione del copyright dei giorni scorsi. Ammettendo che è impossibile non usare opere protette da copyright.
Subito dopo Natale, lo scorso 27 dicembre, il New York Times aveva fatto sapere di aver querelato OpenAI, la società non profit che ha creato ChatGPT, per violazione del copyright.
E oggi arriva la risposta di OpenAI.
Partendo dal presupposto che il NYT non racconti tutta la storia, OpenAI sul suo blog scrive – sostanzialmente – che sarebbe “impossibile” costruire reti neurali di alto livello senza utilizzare opere protette da copyright. Questo perché l’utilizzo di materiali di pubblico dominio porterebbe a software AI di qualità inferiore.
Le sfide legali legate all’IA
Un recente rapporto di IEEE (Institute of Electrical and Electronics Engineers), dei giorni scorsi, ha concluso che servizi di IA generativa, come Midjourney e DALL-E 3 di OpenAI, possono ricreare scene protette da copyright basandosi sui loro dati di addestramento, documentando casi di “prodotti copiati”.
Resta quindi la questione, molto complessa, se questa pratica sia legale e se i fornitori di servizi IA rischiano responsabilità legale.
Come sappiamo, OpenAI e Midjourney possono produrre materiali che sembrano violare il copyright, senza fornire informazioni agli utenti sulla provenienza delle immagini prodotte.
Inoltre, è stato indicato da ricerche recenti, sempre su questo ambito, che ChatGPT di OpenAI può essere indotto a riprodurre testi di libri memorizzati in fase di addestramento.
OpenAI ha dichiarato di credere che il suo addestramento su materiale protetto da copyright sia legale, ma riconosce che c’è ancora lavoro da fare per supportare e valorizzare i creator.
OpenAI mantiene la sua posizione
La società guidata da Sam Altman mantiene la sua posizione. Affinché i modelli di intelligenza artificiale possano apprendere e risolvere nuovi problemi, hanno bisogno di accedere a “l’enorme aggregato della conoscenza umana“.
Ha ribadito che, sebbene rispettasse il diritto legale di possedere opere protette da copyright, ritiene che la formazione di modelli di intelligenza artificiale con dati provenienti da Internet rientri nelle regole di equo utilizzo, che consentono di riproporre le opere protette da copyright.
In ogni caso, è sempre possibile bloccare l’accesso a servizi come ChatGPT semplicemente bloccandolo, inserendo un codice apposito all’interno del proprio sito.
OpenAI e NYT, collaborazione possibile?
Di fronte a questo scenario, OpenAI lascia comunque le porte aperte.
La società di Altman ha detto che spera ancora di poter continuare i negoziati e arrivare a sigillare una partnership simile a quelle che ha stretto con Axel Springer e l’Associated Press. “Siamo fiduciosi per una partnership costruttiva con il New York Times e rispettiamo la sua lunga storia“, ha affermato la società.
Ora, la questione legale attorno all’uso di materiale protetto da copyright nella formazione di modelli di intelligenza artificiale, come nel caso di OpenAI, è molto complessa.
Dal punto di vista legale, le aziende si affidano alla difesa di “uso lecito”, argomentando che l’utilizzo di tali dati è necessario per lo sviluppo tecnologico.
Diritto d’autore e utenti finali
Questa posizione però si scontra con la realtà attuale. In quanto non è universalmente accettata e potrebbe portare a nuove sfide legali. Incluse potenziali cause legali e richieste di risarcimento danni.
Per gli utenti finali, l’uso di strumenti IA basati su dati protetti da copyright potrebbe creare delle situazioni di incertezza. Se un utente genera contenuti che violano il copyright utilizzando questi strumenti, potrebbe trovarsi a fronteggiare questioni legali dal punti di vista personale. E sarebbe un bel problema.
Le aziende come OpenAI cercano di mitigare questo rischio, adottando con termini di servizio che limitano la loro responsabilità. Ma la questione resta tutta aperta.
La sfida è tra innovazione e protezione del diritto d’autore
In conclusione, mentre le aziende di servizi di intelligenza artificiale operano in questo scenario tutto in divenire, è fondamentale per gli utenti comprendere i rischi associati alla generazione di contenuti utilizzando questi strumenti.
Il caso NYT/OpenAI sottolinea l’importanza di un dialogo continuo tra sviluppatori IA, detentori di diritti d’autore e legislatori per definire chiare linee guida che bilancino innovazione e protezione dei diritti d’autore. Questa è la vera sfida di oggi.
L’immagine di copertina è stata generata da ChatGPT di OpenAI con DALL·E 3