Lo scontro tra Spotify e Neil Young ha provocato delle conseguenze ben evidenti. Vediamo di capire bene cosa è successo e forse la vicenda poteva essere gestita meglio, da tutti.
Lo scontro che si è consumato nei giorni scorsi tra Neil Young e Spotify ha avuto delle conseguenze inevitabili, sotto diversi profili. E c’era da aspettarselo, ovviamente.
Piccolo riassunto: Neil Young mercoledì scorso si rivolge a Spotify chiedendo di rimuovere il suo catalogo musicale dall’app, in contrasto con i contenuti podcast di Joe Rogan che, secondo il grande rocker, “diffondono disinformazione sul Covid“. La risposta di Spotify non si fa attendere ed elimina tutto il catalogo del rocker di Toronto con oltre 6 milioni di stream ogni mese.
E a stretto giro, anche la cantautrice di Neil Young, Joni Mitchell, ha chiesto la stessa cosa, come segno di solidarietà con il suo conterraneo.
Spotify rimuove i contenuti di Neal Young
Quindi Spotify, prima ancora di dare una risposta nel merito, senza neanche provare a preservare il vasto catalogo musicale che avrebbe perso, opera dei due grandi artisti, rimuove da subito scegliendo la strada più immediata che è quella di tenere invece i contenuti di Rogan.
Ora, al di là di quello che si pensi, sembra improbabile che dopo tutto quello che abbiamo visto in questi due anni Spotify abbia tardato ad annunciare policy più precise da seguire sui contenuti a riguardo.
Le regole arrivano qualche giorno dopo, quando ormai i giochi erano fatti, con l’app che non potrà più contare sulla musica di due grandi come Neil Young e Joni Mitchell. Una scelta adottata quindi senza pensare alle conseguenze.
Già, le conseguenze.
Le conseguenze della scelta per Spotify
Diversi analisti finanziari hanno stimato che il titolo a Wall Street abbia perso, in valore di capitalizzazione, qualcosa come 4 miliardi di dollari dall’inizio del mese di gennaio e 2,8 miliardi solo negli ultimi giorni. Il titolo, tra il 26 e il 28 gennaio, ha perso il 6%.
Quindi, quella che doveva essere una scelta facile e veloce, scegliendo Joe Rogan e i suoi, circa, 190 milioni di download al mese, senza dimenticare i 100 milioni di dollari pagati da Spotify per assicurarsi, in esclusiva, gli episodi di Rogan, ha comunque creato dei danni.
È vero che ieri il titolo a Wall Street ha recuperato, anche in seguito alla pubblicazione delle nuove regole, ma resta ancora da recuperare -19,6% nel mese di gennaio.
Il messaggio di Rogan
Joe Rogan su Instagram ha voluto far sapere di essere dispiaciuto di quanto è accaduto sostenendo che il suo show “è cresciuto in modo esponenziale, non ero preparato“. Vedendo aumentare la sua audience e non esistendo delle regole precise, ecco che dal punto di vista di Rogan poteva succedere di tutto, anche che si infilassero informazioni fuorvianti su Covid e vaccini. E così è successo infatti.
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Spotify da tutta questa vicenda ha qualcosa da recriminarsi. Una maggiore chiarezza sulle regole e una comunicazione tempestiva su quanto fatto sulla piattaforma, avrebbe sicuramente limitato i danni.
“Vogliamo che tutta la musica e i contenuti audio del mondo siano disponibili per gli utenti di Spotify” – spiega la società guidata da Daniel Ek -. “Da ciò deriva una grande responsabilità nel bilanciare sia la sicurezza per gli ascoltatori che la libertà per i creatori. Abbiamo adottato politiche dettagliate sui contenuti e dall’inizio della pandemia abbiamo rimosso oltre 20.000 episodi di podcast relativi a COVID-19. Ci dispiace che Neil abbia deciso di rimuovere la sua musica da Spotify, ma speriamo di poterlo accogliere presto sulla nostra piattaforma“.
Spotify punta su Joe Rogan
Da una attenta analisi, sembra che nessun episodio di Joe Rogan non abbia mai superato la soglia di avvertimento e quindi nessuno di essi sarebbe da sospendere per aver violato le policy. Resta comunque il fatto che Spotify avrebbe potuto spiegare prima, e meglio, lo stato delle cose, evitando di esaudire subito la richiesta di Neil Young.
Si fosse intervenuto prima, si sarebbe anche placata la preoccupazione degli investitori, preoccupati che il gesto di Neil Young potesse essere seguito anche da altri. Preoccupazione legittima e che ha avuto, in effetti qualche riscontro.
Ovviamente, Questa nostra breve analisi non è assolutamente una critica negativa verso Spotify che adesso ha le carte in regola per poter evitare situazioni simili e garantire ad artisti e ascoltatori la possibilità di ascoltare, e creare, musica e contenuti audio nel rispetto delle regole e della libertà, limitando al minimo le situazioni estreme.
Anche Young avrebbe qualcosa da recriminarsi
Prima di segnalarvi una piccola curiosità, val la pena evidenziare però l’uscita poco felice di Neil Young quando critica, con parole piuttosto colorite, la scarsa qualità dello streaming di Spotify. Poco elegante e assolutamente inopportuna, soprattutto se da quella piattaforma, per sua stessa ammissione, deriva il 60% dell’ascolto totale della sua musica.
Ed ecco la curiosità. James Blunt, celebre cantante britannico, su Twitter ha scherzato sull’accaduto, nel tentativo di stemperare un po’ gli animi. E a quanto pare ci è anche riuscito:
If @spotify doesn’t immediately remove @joerogan, I will release new music onto the platform. #youwerebeautiful
— James Blunt (@JamesBlunt) January 29, 2022
“Se Spotify non rimuove immediatamente Joe Rogan, allora rilascerò nuova musica sulla piattaforma”. Forse qualcuno alla lettura di questo tweet si sarà preoccupato (si scherza!), ma va riconosciuto che è molto autoironico.