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Facebook Ads: gli ultimi dati su obiettivi, spesa, formati e interazioni

Come migliorare e ottimizzare la pianificazione delle proprie campagne Facebook Ads? La risposta è semplice: isolando, numeri alla mano, variabili e tendenze. Ecco quindi un’analisi che copre gli ultimi dati legati a obiettivi, spesa, formati e interazioni.

Ultimamente un mio cliente, il gruppo Affinity Petcare, mi ha chiesto un’analisi in merito agli ultimi trend relativi all’investimento in Facebook Ads. Ho quindi deciso di riportare in questo articolo le evidenze emerse, in quanto affiorano alcuni spunti interessanti per migliorare le future pianificazioni adv sulla piattaforma.

In particolare, ho deciso di coprire i seguenti punti: obiettivi, spesa, formati e interazioni.

A seguire, trovi tutti i risultati e gli insight emersi.

Obiettivi e Facebook Ads

Il mio cliente opera su più mercati e quindi ha richiesto un confronto tra il mercato americano e alcuni paesi europei a target come Italia, Francia, U.K., Spagna e Portogallo. Come prevedibile, questa comparativa mostra delle fisiologiche differenze ma anche delle tendenze in comune. Cominciamo dalle prime, tramite una panoramica sugli obiettivi scelti dai brand.

Facebook ads: gli obiettivi dei brand negli USA

Negli Stati Uniti possiamo osservare come il veicolare traffico al sito sia diventato il primo obiettivo, superando investimenti storici e maggiormente radicati legati ad engagement e reach. Anche in Europa, notiamo la stessa tendenza ma ci sono alcune specificità da prendere in considerazione:

  1. le interazioni sui post restano al primo posto in coabitazione con il traffico al sito;
  2. abbiamo un risultato inferiore relativo alle conversioni e specularmente un maggior utilizzo dell’obiettivo legato alla reach e ai like sulla pagina, variante del macro obiettivo engagement;
  3. in entrambi i casi, messaggi e lead ads stentano a prendere piede.

Facebook Ads: gli obiettivi dei brand in europa

Come abbiamo visto, generare traffico al sito è un obiettivo primario per entrambi i mercati ma ci sono alcune valutazioni da fare. Senza farsi prendere da catastrofismi (o piagnistei) di sorta, come avviene ad ondate per ogni cambio di algoritmo o restrizione delle opzioni di targeting, bisognerà prendere seriamente in considerazione l’adozione da parte degli utenti del nuovo strumento (attualmente in fase di sviluppo) chiamato  Clear History. In parole povere, la possibilità di rendere anonima la navigazione su siti ed app con conseguenze dirette sul retargeting restringendo le potenzialità del pixel di tracciamento. Compresa la creazione di pubblici personalizzati.

Ovviamente questo intervento si inserisce nella serie di aggiustamenti votati alla privacy, figli dello scandalo Cambridge Analytica, ma fa anche parte di un più ampio piano d’azione per prevenire i bombardamenti pubblicitari, con forme di retargeting (più o meno) a freddo, che hanno caratterizzato la presenza di molti brand negli ultimi anni. Purtroppo, molte marche sono ancora convinte che la comunicazione di massa e non personalizzata sia il santo graal che stimola il brand recall. D’altro canto, Facebook deve garantire un’esperienza di valore agli utenti per continuare ad attrarre investimenti pubblicitari.

Personalmente, penso che nei prossimi mesi il canale favorirà maggiormente forme di retargeting legate alle interazioni sulla piattaforma come le visualizzazioni video, engagement sui post, messaggi ricevuti, fan più attivi sulla pagina e/o nei gruppi,  etc. Si profila quindi un modello che punta a creare relazioni con le community a target, tramite un engagement qualificato e generando conversazioni di valore, prima di puntare alla conversione vera e propria. Di conseguenza, la capacità di fare networking con le diverse audience sarà più importante del volume complessivo di azioni. Per semplificare il concetto, meglio pochi (da reindirizzare sul sito) ma buoni e altamente profilati.

In questo modo, Facebook puo’ raggiungere un duplice scopo:

  1. limitare lo spam e pertanto migliorare la fruizione da parte del pubblico;
  2. aumentare il tempo speso sulla piattaforma, limitando i redirect all’indispensabile, andando ad incidere su un dato che influenza fortemente gli investimenti sul canale.

Una volta che abbiamo una panoramica sugli obiettivi, è arrivato il momento di valutare la spesa attuale su Facebook Ads.

La spesa su Facebook Ads

Innanzitutto, abbiamo una media relativa alla spesa che varia tra 3.065k (mercato europeo) e 5.0144k (USA). Ad ogni modo, fuori dall’ovvia maggiore capacità di investimento del mercato americano, abbiamo una tendenza in comune che attraversa i due segmenti.

La spesa su Facebook Ads in Europa e USA

Entrambi i mercati, prendendo anche in considerazione i mesi precedenti e a seguire, sono (come prevedibile) fortemente influenzati dalla stagionalità. Ovvero, la spesa è concentrata nei mesi che vanno da ottobre a dicembre. Questo dato deve farci riflettere in quanto, a mio avviso, i brand devono cominciare a ragionare ad una pianificazione always on abbandonando definitivamente l’ottica dell’investimento one-shot ed una tantum.

Piuttosto che bombardare l’utente per un periodo limitato dell’anno, bisogna mettere in campo attività di nurturing coerenti e sequenziali verso le audience a target prima di interfacciarsi tramite la vendita diretta. Il targeting va a passi consequenziali, muovendo l’utente lungo il funnel e raggiungendo nuove audience per ogni fase, saltare le tappe raramente paga. Infatti, questo esercizio è possibile soltanto se abbiamo mappato correttamente i diversi momenti del processo d’acquisto dei consumatori che vogliamo raggiungere. Inoltre, ciò ci permetterà di pianificare al meglio le integrazioni con gli altri canali e leve. Ad esempio, come e quando generare lead su Facebook per azioni di retargeting tramite mail o eventi profilati in-store. Non dobbiamo mai dimenticare che i social media non sono degli asset isolati ma si inseriscono all’interno del complessivo ecosistema di marketing.

Facebook Ads: i dati del CPC in europa e usa

Facebook Ads: i risultati del CTR in Europa e USA

Partendo dal presupposto che il drive to website è l’obiettivo principale in entrambi i mercati, chiudo questo blocco con una panoramica legata a CPC e CTR. La media in Europa oscilla tra 0.14 (costo per click) e 1.48 (click through rate), mentre negli Stati Uniti abbiamo un risultato che varia tra 0.46 (costo per click) e 1.59 (click through rate). Chiaramente, tanto il CPC quanto il CTR variano sensibilmente a seconda del settore e business.

Facebook Ads_il CPC per settore
CPC il dato globale per settore

Anche in questo caso, l’ottimizzazione del rapporto costi – risultati non passa certamente da una comunicazione di massa ma dal sapere interagire con gli utenti giusti, al momento opportuno in base alla relazione (conoscenza, valutazione, conversione) e tramite i contenuti più adatti per ogni fase. Per poterlo fare, come precedentemente accennato,  risulta indispensabile mappare le nostre target personas e le diverse tappe che caratterizzano il loro processo d’acquisto. Un tema su cui si dibatte tanto su LinkedIn ma su cui non si lavora concretamente abbastanza…

Adesso che abbiamo coperto il tema della spesa, diamo un’occhiata ai formati maggiromente utilizzati dai brand.

Formati e Facebook Ads

Ad una prima analisi dei contenuti totali condivisi dalle pagine, notiamo come la strategia di content marketing sia principalmente foto centrica. Un’evidenza che non stupisce vista la maggiore complessità richiesta dai video in termini di budget, progettazione, risorse coinvolte e sviluppo del concept creativo.

Distribuzione della tipologia di contenuti condivisi su Facebook negli USA

Distribuzione della tipologia di contenuti condivisi su Facebook in Europa

 

Difatti, ritroviamo la stessa tendenza se orientiamo lo sguardo verso la tipologia di contenuti sponsorizzati con i video che rappresentano il 20%/22% in media dei post promossi. Fuori dalle sirene degli autoproclamati guru, per cui i video sono da alcuni anni la panacea di tutti i mali, questo risultato porta ad alcune riflessioni:

  1. constatiamo una controtendenza rispetto al dato globale dove a settembre 2018 i video avevano raggiunto le foto come formato più sponsorizzato;
  2. come anticipavo prima, il targeting legato alle azioni sulla piattaforma diventerà centrale e conseguentemente bisognerà (anche) migliorare la retention dei video per definire un funnel di retargeting basato sulle visualizzazioni. In questo articolo, trovi alcuni consigli su come sfruttare al meglio questo formato;
  3. in uno scenario paid quasi monopolizzato dalle foto, i video posso diventare un ottimo strumento per posizionarsi e differenziarsi. Chiaramente, a patto di profilare e diversificare i contenuti proposti in base alle esigenze dei diversi pubblici.

 

Per concludere, non ci resta che guardare al dettaglio riguardante le interazioni.

Interazioni e Facebook Ads

Come per il CPC, il costo per engagement mostra un certo divario tra i due mercati: 0.11$ in Europa e 0.27$ negli Stati Uniti. Tuttavia, visto che come per il costo per click il CPE varia sensibilmente a seconda del settore, bisogna andare maggiormente in profondità di questo dato.

Facebook Ads: il costo per engagement in europa e usa

I brand ad oggi sono ancora dei raccoglitori di like e le conversazioni come le condivisioni stentano a decollare. Tovo molto interessante questo punto in relazione ai cambiamenti in itinere dell’algoritmo di Facebook. La piattaforma ha recentemente iniziato a mettere in relazione i risultati dei questionari proposti agli utenti, in merito alle loro preferenze, alle azioni intraprese sul canale per identificare quali contenuti condividono, commentano e mettono like. L’obiettivo evidente è quello di ridurre il numero dei post non rilevanti dal news feed di ciascun utente. Infatti, dal comunicato ufficiale emerge una dimensioni chiave da prendere fortemente in considerazione: il grado della relazione, l’algoritmo mostrerà in primis i contenuti di pagine e amici con cui abbiamo una relazione più stretta.

Ovvero, oltre ai feedback direttamente richiesti agli utenti, la piattaforma valuterà il grado della relazione (anche) grazie a segnali come la regolarità e frequenza nell’interagire con un dato brand e/o tipologia di contenuto. In termini pratici, generare conversazioni di valore diventerà sempre più importante per fidelizzare il pubblico, rendere più solida la relazione e (come precedentemente riportato) profilare il retargeting legato alle azioni sul canale.

tipologie di interazioni su facebook negli stati uniti

tipologie di interazioni su facebook in europa

 

Questo era il mio ultimo grafico ma se hai domande, commenti o vuoi aggiungere spunti alla discussione, ti aspetto nei commenti. Invece, se oltre a Facebook sei alla ricerca degli ultimi trend su Instagram, qui trovi il mio ultimo articolo a riguardo.

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Federico Oliveri
Digital & Social Media Strategist specializzato in analisi di big data e analytics sui social, keynote speaker e consulente per alcuni dei principali top brand a livello mondiale come LVMH, Estée Lauder, Renault, Ferrero, etc. Il mio obiettivo quotidiano è aiutare brand, agenzie e professionisti a trasformare i dati in strategie profilate, asset di business e risultati tangibili.
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venerdì, 26 Aprile, 2024

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