Quando analizziamo l’evoluzione dei principali KPIs e metriche su Instagram, spesso prendiamo in considerazione dati globali e conseguentemente rischiamo di non avere una visione completa. Ecco allora una interessante analisi relativa all’evoluzione dei principali indicatori su Instagram in Europa e in Italia: investimento adv, contenuti e Stories.
Quando analizziamo l’evoluzione dei principali KPIs e metriche su Instagram, spesso prendiamo in considerazione dati globali e conseguentemente rischiamo di non avere una visione completa. Attenzione, si tratta di un ottimo esercizio per comprendere le tendenze in atto e io stesso lo pratico frequentemente come ho fatto in questo articolo sull’advertising su Instagram. Tuttavia, i dati a livello mondiale sono spesso influenzati dal mercato americano. Quindi, questa tipologia di analisi può restituire dei risultati lontani da quella che è la nostra quotidianità ed operatività sul canale.
Per questa ragione, in questo articolo ho riportato una mia recente analisi relativa all’evoluzione dei principali indicatori su Instagram in Europa e in Italia: investimento adv, contenuti e Stories.
Investimento Adv
Partiamo da una panoramica generale, relativa all’ecosistema adv dell’impero Facebook (non dobbiamo mai dimenticare chi è il proprietario/padrone di Instagram…), per poi rientrare nel dettaglio. Se analizziamo l’insieme delle campagne adv, al di fuori del posizionamento scelto, possiamo osservare una nuova maturità del mercato europeo. Infatti, i brand puntano ad obiettivi più avanzati nel percorso d’acquisto del consumatore con il drive to website (27.93%) che supera investimenti storici come engagement e reach. Insomma, meno awareness e più valutazione delle alternative.
Andando in profondità di questi numeri, ovvero spostandoci dagli obiettivi al posizionamento adv, possiamo osservare come Instagram sia diventato un canale chiave con un risultato che tocca il 58.09%. Cifre che molto probabilmente non ti sorprenderanno ma che richiedono un ulteriore approfondimento.
Instagram è divenuto un posizionamento fondamentale e non ci sono dubbi a riguardo. Ciò nonostante, l’investimento resta fortemente ancorato a Facebook (71.4%) e la spesa su Instagram stenta a colmare il divario con un 26.47% di budget dedicato. Risulta quindi evidente lo scollamento tra la distribuzione del posizionamento (58.09%) e quella del budget (26.47%).
Molto probabilmente, questa evidenza non nasce dal nulla ma è figlia dei risultati ottenuti. Per giustificare questa affermazione, basta dare un’occhiata alla tabella in basso.
In Europa possiamo notare due grandi differenze:
- un CPC sensibilmente più alto rispetto a mamma Facebook (o.20 VS 0.77);
- un CPC più alto rispetto alle medie globali sulla piattaforma (0.45 VS 0.77).
Ovviamente, questo risultato è anche figlio della crescita esponenziale dell’investimento sul canale rispetto a (soltanto) sei mesi fa. Una maggiore concorrenza porta fisiologicamente a costi crescenti. Ad ogni modo, deve suonare come un campanello d’allarme in merito a pertinenza della segmentazione del target e rilevanza dei contenuti proposti. Sicuramente, i brand possono trovare una boccata d’ossigeno investendo sulle Instagram Stories che al momento attuale presentano un basso livello di competizione adv (30.7% del budget adv VS 69.3% del Feed) garantendo un CPC più basso. Mi sembra doveroso ripetere che anche in questo caso, come precedentemente accennato, pertinenza e rilevanza devono essere centrali.
Contenuti
Come amo ripetere, i dati vanno sempre messi in relazione per poter essere correttamente interpretati. In Italia, contrariamente a come poteva essere all’inizio della piattaforma, non esiste una correlazione tra la frequenza di pubblicazione e l’engagement. Basta comparare i due dati e osservare le relative evoluzioni.
Al contrario, abbiamo una correlazione negativa: quando abbiamo picchi di contenuti condivisi le interazioni calano e viceversa. Ancora una volta, è la qualità del contenuto, in relazione ai bisogni dell’audience, a fare la differenza e non la quantità. Concretamente, bisogna sposare un approccio votato alla mappatura delle proprie Social Personas: prima l’analisi del target e solo dopo la creazione di contenuti. Saltare questo punto, andrà ad impattare l’investimento in toto.
La tabella appena riportata ci mostra come nel nostro paese la strategia editoriale sia ancora foto centrica, con le immagini singole che rappresentano il 73.93% dei contenuti condivisi. Ovvero, una maggioranza schiacciante. Di conseguenza, si apre un interessante ragionamento in merito al posizionamento. Ossia, in un feed in cui i brand comunicano esclusivamente per immagini singole può risultare molto interessante variare e arricchire le proprie leve di content marketing per differenziarsi agli occhi dell’utente che svogliatamente scrolla il feed. Comunque, dopo queste prime valutazioni, una domanda sorge spontanea: qual è il ritorno in termini di engagement a seconda della tipologia di contenuto?
Come risulta evidente, il risultato più flagrante è quello relativo ai video che generano soltanto il 9.50% di interazioni e presentano un divario ancora maggiore se comparati con i risultati su Facebook.
Nondimeno, bisogna ragionare in prospettiva e quindi mi lancio in una previsione: Instagram sta investendo molto sul formato video, basti pensare all’introduzione di IGTV, e una strategia classica di ogni piattaforma social è dare maggiore copertura (rigorosamente in fase iniziale) ai formati di cui si vuole spingere l’adozione per attrarre investimenti. Ergo, penso sia il momento giusto, prendendo anche in considerazione il basso livello di concorrenza, di investire su questo formato.
Stories
Concludo l’analisi con qualche dato relativo alle Instagram Stories. Come prevedibile, anche in Italia decolla l’adozione delle Stories da parte dei brand. Eppure, è interessante notare come ci sia un calo della condivisione di Stories, dal 60% al 45%, associato ai periodi (novembre e dicembre) in cui generalmente vengono condivisi più contenuti per via della stagionalità. Personalmente, penso sia un’occasione mancata in quanto durante il periodo pre e natalizio le Stories possono diventare un ottimo strumento per generare consumer insight tramite i DM e gli sticker domande, oltre che un valido alleato per la scoperta di nuovi prodotti e offerte attraverso lo Swipe Up.
Infine, possiamo osservare come ci sia un aumento esponenziale della condivisione di Stories ma il principale veicolo per la reach restano i post con le Stories che superano appena il 5%.
Tre valutazioni a riguardo:
- questo dato fisiologicamente andrà ad evolvere, vista l’evidente crescita relativa all’adozione di questo formato;
- la maggiore copertura dei post richiede di ragionare in ottima integrata con i post che devono fungere da attivatori per guidare gli utenti sulle Stories dove saranno chiamati ad effettuare delle azioni in base allo storytelling scelto;
- anche a livello internazionale abbiamo un divario in termini di reach tra post e Stories ma meno marcato rispetto all’Italia, il dato globale mostra un volume di Stories più importante, con le Stories che rappresentano il 18% delle visualizzazioni uniche.
Per concludere, spero che questi dati possano esserti utili e se stai cercando esempi concreti su come ottimizzare la tua attività sul canale, ti rimando a un case study dedicato al brand La Redoute: come trasformare le interazioni in acquisti su Instagram.
[…] quanto ad oggi cresce esponenzialmente l’adozione delle Instagram Stories da parte dei brand, qui puoi trovare gli ultimi dati relativi al mercato europeo ed italiano, ma i post rappresentano […]
[…] aspetto nei commenti. Invece, se oltre a Facebook sei alla ricerca degli ultimi trend su Instagram, qui trovi il mio ultimo articolo a […]
Personalmente penso che le stories siano un po’ troppo sottovalutate; nel senso che un post ha più durata, ci puoi lavorare meglio anche con l’ADV. Mentre la storia ha una sua durata limitata nel tempo, non ci sono dati di aggregazione da poter confrontare nel tempo ed è molto più “effimera”.