Nell’era dei social media e del digitale, canali come Twitter o Facebook possono trasformarsi in potenti mezzi di comunicazione politica e anche di disinformazione. In relazione ai recenti fatti di Hong Kong, Twitter ha sospeso 936 account cinesi accusati, colpevoli di diffondere notizie false sui protestanti. Facebook ha fatto lo stesso.
I social media sono potenti strumenti di comunicazione, lo diciamo ormai da anni qui sul nostro blog, ma nell’era che stiamo vivendo adesso, contrassegnata dalla presenza massiccia di questi strumenti nella vita di tutti i giorni, possono diventare anche potenti strumenti di comunicazione politica e di disinformazione. Del resto, lo scandalo Cambridge Analytica per molto è stato un vero campanello di allarme in questo senso, il più eclatante anche, ma non l’unico.
I fatti di Hong Kong, di cui in Italia oggettivamente si parla ancora poco, stanno dimostrando come la politica cerchi di controllare i social media per manipolare l’informazione, allo scopo di veicolare una realtà distorta, non veritiera. In altre parole, lo scopo è veicolare disinformazione per fare pressione sulla parte avversa.
Le proteste di Hong Kong
Giusto due righe per chi non avesse ancora chiaro cosa sta succedendo a Hong Kong da ormai due mesi a questa parte. Motivo delle proteste è stato l’emendamento alla legge sull’estradizione, letta dall’opinione pubblica come una vera intromissione nell’autonomia di Honk Kong da parte della Cina. Una protesta motivata dal fatto che la stessa autonomia sta per avvicinarsi alla data di scadenza. Infatti, dopo i negoziati con il Regno Unito del 1997, si arrivò all’accordo che Hong Kong mantenesse la sua autonomia dalla Cina fino al 2047. Ecco perchè quella legge è vista come una vera intromissione, un modo per erodere quell’autonomia che alle autorità cinesi, da sempre, va molto stretta.
Fatta questa rapida premessa, i fatti di questi giorni dimostrano come i social media possano giocare un ruolo importante nel veicolare preziose informazioni, ma anche diventare potenti strumenti di diffusione di notizie false.
Le proteste a Hong Kong vanno avanti ormai da due mesi e la situazione non sembra ancora volgere verso una soluzione definitiva.
Ed ecco che entrano in gioco i social media, nello specifico Twitter. Da giorni Twitter riceveva segnalazioni di account cinesi che diffondevano notizie false, dipingendo i protestanti di Hong Kong come dei violenti e dei facinorosi, il contrario di quello che era la realtà. A quel punto da San Francisco decidono di fare delle indagini più approfondite, anche solo per cercare di capire come avrebbero fatto questi account cinesi ad usare Twitter quando lo stesso canale è bandito in Cina. Già bella domanda.
[In basso alcuni esempi di tweet di account cinesi]
La risposta arriva presto. Twitter scopre che migliaia di account cinesi accedevano al servizio da indirizzi IP cinesi, una vera anomalia, anche solo per il fatto che esiste il grande firewall, chiamato appunto “Great Firewall”, che ne impedisce l’accesso. Qualsiasi utente avrebbe dovuto bypassare il tutto con una VPN, senza alcuna garanzia del resto, ma questa è la possibilità che resta all’utente normale. Ma qui la situazione è ben diversa.
Infatti, quegli utenti accedevano a indirizzi IP cinesi perché autorizzati dalle autorità. Si trattava di account espressamente autorizzati dallo stato per diffondere notizie false sulle proteste di Hong Kong.
Twitter sospende 936 account cinesi
Allora Twitter scopre una vasta rete di ben 200 mila account e ne sospende 936, account che diffondevano spam e disinformazione. Twitter poi condivide questi risultati con Facebook che ancora non aveva agito in alcun modo. A quel punto da Menlo Park fanno le opportune verifiche arrivando a sospendere 5 account, 7 pagine e 3 gruppi, tutti riconducibili alla disinformazione cinese.
E non è finita, perché Twitter ha deciso anche che non accetterà più tweet sponsorizzati da agenzie cinesi. Si è scoperto infatti che nei giorni scorsi circolavano sulla piattaforma alcuni tweet sponsorizzati contro le proteste di Hong Kong pubblicizzati da Xinhua News, agenzia di stampa ufficiale dello stato cinese.
Questa è la situazione al momento e non è detto che sia conclusa, purtroppo.
[In copertina, immagine ANTHONY KWAN/GETTY IMAGES]