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Il caso Huawei: la Guerra dei Dazi e la frammentazione di Internet

La decisione di Google di revocare la licenza Android al colosso cinese Huawei è ormai al centro dell’attenzione, da diversi punti di vista. E’ la prima diretta conseguenza della guerra dei dazi tra Usa e Cina all’interno del settore tech, quello che comprende anche la Apple, e non solo. Huawei saprà sopravvivere, e poi?

La notizia che Google ha deciso di revocare la licenza all’uso di Android sui dispositivi Huawei, il colosso cinese di Shenzhen, sta facendo discutere ovunque e sotto diversi punti di vista. Da quando Trump ha deciso di intraprendere una nuova campagna economica Usa basata sull’introduzione dei dazi, le conseguenze erano sembrate ancora troppo intangibili, sembrava che tutto potesse essere relegato ad una questione di cifre. Invece, Trump ha cominciato a fare leva pesantemente sui dazi, iniziando con la Cina un duro contrasto che ha portato, nei giorni scorsi, al fallimento delle trattative che erano iniziate dopo l’ultima ondata di dazi americani al 25% sui prodotti cinesi. Un’azione che il governo di Pechino non ha gradito, evidentemente, rispondendo con l’introduzione di dazi sui prodotti americani del 10-25%, per un ammontare di 60 miliardi di dollari. Risposta che ha fatto infuriare Trump e la sua amministrazione e, per costringere le autorità cinesi a riprendere le trattative, ecco che nei giorni scorsi ha cominciato a prendere di mira il gioiello tecnologico della Cina, ossia Huawei.

Questa breve introduzione, certo non facile vista la complessità degli eventi, per cercare di comprendere cosa sta accadendo e perchè questa notizia, per certi versi, riguarda tutti noi.

huawei dazi internet trump franzrusso.it

Solo fino a qualche anno fa si parlava di globalizzazione, di new economy, ossia di scenari socio-economici che “avrebbero” dovuto (purtroppo è al condizionale passato) favorire una crescita economica più estesa, permettendo a quei paesi da sempre categorizzati come “in via di sviluppo” a trainarle come “economie emergenti“. Si trattava di scenari socio-economici che, grazie alla sempre crescente velocità delle comunicazione, situazione che ha permesso connessioni che prima non era possibile ottenere in poco tempo, avrebbero dovuto portare ad una crescita economica “globale”.

In verità, quella crescita economica c’è stata, eccome. Paesi che oggi conosciamo come “economie emergenti” hanno dimostrato di saper trarre vantaggio da questo flusso di investimenti anche, e soprattutto, in termini di innovazione tecnologica. Attenzione però, quando si parla di economie emergenti ci si riferisce ai cosiddetti BRIC, Brasile, Russia, India e Cina. Per poi estendersi a Messico, Indonesia. Insomma, la Cina nel corso di questi ultimi 25 anni è passata da “economia emergente” a “colosso mondiale” capace, in termini di PIL (prodotto interno lordo) di raggiungere e superare quella che per decenni è stata la potenza economica mondiale, gli Usa. Attenzione ancora una volta, solo per fissare un altro punto importante. La Cina è diventata un colosso mondiale pur non avendo al suo interno un sistema politico basato sulla democrazia, lo ricordava qualche giorno da il professor De Masi a Cagliari, in occasione de Linkontro 2019, questo è un altro punto su cui riflettere. Per anni abbiamo associato la crescita economica e il benessere globale alla democrazia, oggi scopriamo che non è così.

La cronaca dell’oggi è ormai molto chiara, l’amministrazione Trump spinge su Huawei, sapendo che è considerata un gioiello dell’economia cinese, per costringere la Cina a trattare. E’ la prima diretta conseguenza di questa guerra di dazi che tocca anche il mondo tecnologico, ossia quel mondo che ha reso la Cina, agli occhi del mondo, un colosso rispettabile, anche dal mondo occidentale.

Trump sa bene quali sono i rischi di questa guerra e ha deciso di sopportarli tutti perchè si ispira, per certi versi, alle teorie protezionistiche nel Neo Protezionismo, quelle idee che Paul Krugman, Nobel per l’Economia, predica ormai da anni. E cioè, in estrema sintesi, che l’introduzione di dazi è vero che spaventa e allontana le aziende estere, ma al tempo stesso alimenta una nuova produzione nazionale che porta quindi nuova crescita economica e nuova occupazione. E che cosa sta succedendo negli Usa con le politiche economiche di Trump? Nuova crescita e nuova occupazione: solo nel primo trimestre di quest’anno il PIL americano è cresciuto del 3,2%.

E’ questa la strada da perseguire? Andremo verso un futuro sempre più protezionistico? E cosa ne sarà di tutte quelle realtà economiche che sono cresciute invece in un contesto di crescita globale?

Sono tutte domande che in questo momento, come mai prima, interessano noi tutti ed è anche logico che questa riflessione possa avvenire anche su questo blog perchè si parla di Huawei, ma si parla anche di possibili scenari futuri che potrebbero anche riguardare la stessa Internet.

E’ vero quello che si dice in queste ore, per ora gli utenti Huawei e Honor non subiranno alcun effetto di questa decisione, lo ha affermato Google in un comunicato. Il problema sorgerà con i nuovi modelli 5G in arrivo, come il prossimo Mate 30 Pro in autunno. Ma Huawei potrà tranquillamente sviluppare un suo sistema operativo proprietario, è già successo per altre aziende in altri casi (pensate all’automotive e alle smart Tv), in questo modo potrebbe mantenere al minimo gli effetti sulle vendite.

Intanto registriamo questo dato diffuso da idealo.it, il comparatore di prezzi, che ci fa sapere che un primo effetto di questa decisione sarebbe il calo del 255 delle intenzioni di acquisto, online, in Italia in relazione ai prodotti del colosso cinese.

Il vero problema per Huawei non è tanto il lato consumer, quanto il lato business con le infrastrutture 5G, il fiore all’occhiello del colosso cinese, osteggiate proprio dall’amministrazione Trump per possibile spionaggio. Un terreno scivoloso che ha finito per tirare dentro anche l’Europa, finora rimasta al centro di questa guerra con una scarsa capacità di azione, e reazione.

Altro tema che si affaccia all’orizzonte, in maniera sempre più pressante, è la possibilità che, se questo scenario economico e sociale dovesse continuare su trame sempre più protezionistiche, allora questo potrebbe dare vita anche diverse Internet.

Si era detto che Internet avrebbe portato democrazia ovunque venisse adottato. A distanza di poco più di un quarto di secolo, la situazione è che il 70% della rete e controllato dai governi, attraverso diverse forme di censura.

Allora, lo scenario che abbiamo di fronte è che l’idea di avere un giorno una Internet cinese, una Internet europea, una Internet americana non è poi così bizzarra. Solo che sarebbe la fine di quello che abbiamo sempre pensato.

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Franz Russo Blogger, Digital Strategist
Franz Russo, fondatore, nel 2008, del blog InTime, ho collaborato con grandi aziende nazionali e internazionali, come consulente per strategie di comunicazione e come divulgatore. Da sempre impegnato nella comunicazione digitale, cerco di unire sempre una profonda passione per l’innovazione tecnologica a una visione olistica dell’evoluzione dei social media e degli strumenti digitali. Il mio percorso professionale in questo campo, iniziato nel 2007, è stato caratterizzato da un costante impegno nel raccontare e interpretare i cambiamenti nel panorama digitale. Il mio approccio si basa su un mix di analisi strategica, creatività e un profondo impegno per il racconto e la divulgazione.
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