Stavolta non sono proprio d’accordo con Michele Santoro, dopo la puntata di ieri, perchè se è vero come è vero che la libertà di parola deve essere garantita a tutti, lui deve essere sempre garantista perchè tutti possano fare lo stesso. Specie durante la sua trasmissione “Annozero”. Quello che è accaduto con l’Annunziata evidenzia che alle volte Santoro mal digerisce le opinioni altrui.
L’argomento è troppo importante per essere banalizzato da una scaramuccia tra Santoro e la Annunziata, ma è proprio l’argomento, e cioè la gravissima situazione generatasi a Gaza a seguito dei bombardamenti israeliani, che scatena la reazione della giornalista che tra l’altro è famosa a sua volta per lo stesso motivo. Anche la giornalista, ex-presidente della Rai, è spesso criticata per le sue posizioni. Ma quello che è accaduto durante la puntata di Annozero a mio avviso è grave. Non è la prima volta che Santoro agisca in questo modo nel raccontare il suo punto di vista, omettendo in alcuni casi di raccontare altri pezzi di realtà che darebbero una visione più ampia ch del fatto che si va a narrare. Non basta invitare in studio questo o quel personaggio che si ritiene essere dalla parte opposta, in termini di pensiero intendo, per poi non farlo parlare o addirittura costringendolo ad abbandonare lo studio. Perchè putroppo è successo proprio questo. Quando la Annunziata ha preso la parola per esprimere la “sua” visione di come stava andando la trasmissione, troppo sbilanciata da una parte, ecco che Santoro sbotta in malo modo mandando all’aria anche quel poco di buono che era stato detto durante la trasmissione.
Il discorso è molto semplice. Se tu per primo lamenti una censura delle tue idee e reclami giustamente spazi per poter esprimere il tuo pensiero, allora la stessa cosa devi farla valere anche per gli altri. Anche per chi la pensa in maniera completamente diversa dalla tua. Altrimenti il tutto viene falsato, viene banalizzato. Ed è per questo che non sono d’accordo con Santoro.
Zapatero si lancia nell’era del web 2.0 e lancia “Plan E”, un sito attraverso il quale spiegherà come la Spagna potrà superare la crisi di questo periodo e spiegherà anche tutte le iniziative che hanno prodotto risultati e quelle ancora da mettere in atto. Ancora una volta la politica si rende conto delle potenzialità del web. E da noi?
Per Zapatero in realtà questa non è la sua apparizione sul web, durante l’ultima campagna elettorale in Spagna erano circolati alcuni video di alcuni suoi interventi, ma è la prima volta che in Spagna un poltico si rivolge alla popolazione utilizzando gli strumenti di comunicazione che oggi offre la tecnologia. Durante quei pochi minuti, visibili anche qui, il Primo Ministro Zapatero spiega qual è la sua ricetta per affrontare la crisi attraverso l’attuazione del “Plan español de estimulo de la economia y del empleo”. Il principale scopo è quello di ottenere un pieno coinvolgimento dei cittadini ed è per questo che sono stati realizzati dei cortometraggi, visibili sul sito, che hanno per tema la famiglia, le aziende, l’occupazione, la finanza e la modernizzazione dell’economia. Ed è propio attraverso questi video che vengono presentate in maniera pratica le idee messe in campo. Un modo più esplicito per rendere visibile a tutti il piano da mettere in pratica.
I paragoni con Obama sono d’obbligo. Ma mentre il prossimo Presidente degli Usa ha capito sin dalla sua campagna elettorale quale fosse il potenziale del web per ottenere la sua elezione, Zapatero vi arriva in pò più tardi, ma almeno ci arriva, e quello che forse lo caratterizza maggiormente è il periodo scelto. E cioè in occasione delle presentazione del Plan E. Quasi a lanciare un messaggio ancora più profondo e coinvolgente, vista anche la situazione. E ioci leggo anche un messaggio positivo, e cioè che il web possa essere anche secondo Zapatero un modo per raccogliere tutte le energie positive per affrontare la crisi. Tant’è che la sua presenza online avrà un cadenza periodica instaurando un canale di comunicazione coi cittadini costante. Inoltre, gli aggiornamenti che via via saranno apportati al piano saranno comunicati anche utilizzando Twitter, servizio di microblogging usato per inviare messaggi per aggiornare il proprio stato.
Ma perchè questo non succede anche da noi? Perchè ci ritroviamo a destra e a sinistra politici miopi, oltre che su altro, anche su questo. E’ una felice intuizione quella di Zapatero e dà anche una ulteriore testimonianza di quanto la Spagna in questi anni sia cambiata, forse più di quello che riusciamo a percepire da lontano. Invece il nostro paese non solo non va avanti, ma rischia anche di ritrovarsi con una classe politica, da destra a sinistra senza distinzioni, incapace di leggere i cambiamenti del momento senza avere la flessibilità giusta per adeguarsi. Speriamo sempre di essere smentiti.
E’ gia passata una settimana dall’inizio dell’attacco sulla striscia di Gaza da parte di Israele che ha provocato ormai più di 700 vittime civili, di cui molti bambini. La reazione di Israele ad un attacco missilistico che ha ucciso le due sorelline israeliane di 5 e 13 anni a molti è risultata spropositata di fronte alla possibilità di mezzi dei palestinesi.
In effetti a vedere come si sono messe le cose si potrebbe affermare che si Israele ha, in questo caso, usato la sua forza militare in maniera spropositata senza curarsi più di tanto delle conseguenze che questo provocasse, e cioè l’uccisione di tanti civili palestinesi. A questo si aggiunge poi la difficile condizione in cui vivono i palestinesi della Striscia di Gaza, un lembo di territorio all’interno dello Stato di Israele di 360 kmq con una popolazione di più di 1 milione e 400 mila abitanti che possiede la più alta densità di abitanti per kmq pari a 4117 ab./km². Senza dimenticare che Israele della Striscia controlla l’accesso marittimo, lo spazio aereo e l’accesso via terra nella barriera appunto tra Israele e Striscia di Gaza. Con questo voglio dire che la popolazione palestinese è ammassata all’interno del territorio. Israele di fronte ad una situazione di questo tipo non si fa scrupolo e decide di bombardare mettendo in moto tutta la sua macchina da guerra. Ne viene fuori un massacro. Il 31 dicembre la Corte Suprema dello Stato di Israele ha ordinato al governo di garantire l’accesso ai territori sotto bombardamento alla stampa internazionale perchè diano testimonianza degli effetti, ma lo stesso governo è sordo ad un invito di questo tipo, giustificando il divieto di accesso come una “complicazione delle operazioni militari”. Di conseguenza non si ha una informazione oggettiva di quello che succede, e gli stessi giornalisti italiani hanno fatto sapere solo dopo di questo divieto, nel frattempo ci hanno raccontato storie che neanche loro avevano in effetti visto.
I Social Media, Facebook e MySpace per intenderci, non sono più da considerarsi solo una moda, sono ormai una realtà ben definita con milioni di iscritti che stanno suscitando enorme clamore soprattutto per il successo che stanno ottenendo nel nostro paese.
Ma bisogna fare delle considerazioni. Prima di tutto che cosa rappresentano questi siti e come mai tutto questo successo? Innanzitutto, e questo vale soprattutto per Facebook, sono dei luoghi attraverso i quali poter interagire con altre persone. Dove poter scambiare informazioni, esperienze, ricercare e trovare amici di cui non si aveva più notizia. E questa è proprio la natura stessa di Facebook. Così come MySpace, partendo dalla condivisione di dati e di esperienze, ha sviluppato sempre di più la funzione di mettere in contatto artisti emergenti che attraverso questo sito, condividendo le loro canzoni ad esempio, sono anche diventati famosi. Da qui il grande coinvolgimento di pubblico in tutto il mondo e da ultimo nel nostro paese, con l’esplosione del fenomeno Facebook che ha sorpreso un pò tutti. Ma che altri invece hanno letto in questo successi la nornale evoluzione di quegli strumenti di contatto, come le chat, che nel nostro paese hanno avuto sempre un enorme pubblico. La domanda che ci si pone ora è: ma fino a quando durerà? Credo ancora per molto, anche se la crisi si fa sentire anche per siti di questo tipo, di cui proprio qui abbiamo trattato.
In tema di web 2.0 non si può non registrare quello che propone zooppa.com, cioè un diverso modo di concepire il marketing, quello nuovo, realizzato dagli utenti stessi. Il risultato è strabiliante e innovativo. Nasce così un nuovo concetto di marketing, quello 2.0
Proprio ieri sul blog del mio amico Andreas leggevo un suo articolo su un sito www.zooppa.com che dà la possibilità di partecipare alla creazione di spot pubblicitari. Detto così sembra un giochetto, ma la cosa è veramente interessante. Qualche giorno fa, qui su questo blog, parlavo della crisi e delle conseguenze che questa comportasse per tutti quei siti come Facebook che rischiano addirittura la chiusura. Ecco allora che la risposta a tutto questo, almeno in termini di marketing e quindi di pubblicità, possa essere questa che propone Zooppa. Un sito che è a tutti gli effetti catalogabile tra i social network e che lancia l’idea dello “user generated advertising”, cioè offre la possibilità agli utenti di realizzare spot pubblicitari. In pratica funziona in questo modo: un’azienda propone una gara per promuovere il proprio marchio, gli utenti registrati sulla base degli obiettivi che l’azienda si propone possono scrivere un’idea sulla quale sviluppare una sceneggiatura oppure realizzare un vero e proprio video. Poi si viene sottoposti a giudizio della stessa community e se il progetto piace, l’azienda paga l’ideatore del progetto stesso. Quello che vi presento oggi è lo spot realizzato per Negroni che trovo molto bello e che non a caso è tra i best video. A sorpresa, sono tante e importanti le aziende che finora hanno realizzato spot utilizzando zooppa, segno che qualcosa nell’advertising sta cambiando. Oltre a Negroni, ci sono Figurella, Best Western, TomTom, Festival della creatività di Firenze, Ing Direct, Mini, KitKat, Agos, Invicta, Enel.
Insomma, Zooppa è la felice combinazione tra i metodi utilizzati dai socialnetwork e la creatività degli utenti stessi registrati, che altrimenti non avrebbero modo di poter esprimere la loro stessa verve creativa. E’ quindi un’opportunità per tutti coloro che vogliono esprimere le loro competenze e per contribuire a realizzare un nuovo modo di concepire il Marketing del futuro, non tanto lontano, slacciato definitivamente da vecchi metodi ormai superati e destinati al tramonto. Allora non ci resta che dire “benvenuti nel nuovo marketing!”
Chi avrebbe mai pensato che anche i socialnetwork come Facebook, MySpace o Twitter avrebbero dovuto fare i conti con la crisi di questo periodo? Io sinceramente no. Ho sempre creduto che avessero già trasformato in denaro le tantissime adesioni che registrano. E a vedere bene il problema sta tutto lì.
Il problema lo ha sollevato un articolo apparso su Repubblica.it che analizza un pò lo stato finanziario dei socialnetwork dopo che alcuni analisti finanziari hanno pubblicato le loro stime. E infatti stano tutti attraversando un momento decisamente di difficoltà perchè a fronte di un elevato numero di utenti registrati non si registra un eguale aumento dei ricavi. E questo è dovuto soprattutto perchè questi siti sono gratis, e questo è il motivo principale del loro successo. Quindi bisogna trovare altrove altre forme di guadagno. E la pubblicità sembrava essere la soluzione, ma così purtroppo non è. Nel senso che così finora non ha portato grossi risultati, anche perchè c’è il rischio che aumentando la pubblicità in siti come Facebook il rischio è che gli stessi iscritti possano avvertire fastidio. E so anche che alcuni questo fastidio lo avvertono di già. Il caso più eclatante è proprio Facebook, con ammissione dello stesso Mark Zuckerberg secondo il quale le stime per il 2009 sarebbero già più basse di quelle inizialmente prospettate. E solo Facebook conta già più di 130 milioni di iscritti, con un successo finora senza limiti nel nostro paese. In pratica secono gli analisti, Facebook non ha ancora un proprio modello da proporre e il rischio di fallimento sembra essere preso in serie considerazioni. Lo stesso vale per Twitter, anche questo un socialnetwork in ascesa soprprendente, ma che non ha ancora trasformato la sua forza in un macchina per fare soldi.
E’ difficile pensare che colossi come Facebook, o lo stesso MySpace, che versa in una sotuazione più positiva certo ma che ha comunque le sue difficoltà, facciano fatica a restare a galla. Per chi li guarda da fuori come noi, sembra che questo non possa accadere e che lapubblicità da sola potesse bastare. In linea di pricinicpio sarebbe così, ma i costi ci sono, e sono tanti, e gli inserzionisti preferiscono in tempo di crisi affidarsi a metodi più sicuri che possano generare risultati positivi duraturi. In effetti in questo periodo sono molte le aziende che stanno rivedendo i loro budget per le promozioni per investire nelle strutture aziendali che più soffrono in questo momento. E non potrebbe essere diversamente. Poi sul fatto che Facebook, come pure altri, possa fallire ci credo poco. Se non sarà in grado di risollevarsi da solo allora di sicuro interverrà un colosso che lo comprerà e continuerà a sopravvivere, ma di sicuro non più gratis. Staremo a vedere.
Vivere la crisi come opportunità! Il 2009 è iniziato con questo motto. E ce lo ha ricordato anche il nostro Presidente della Repubblica, nel suo messaggio augurale alla Nazione, ricordandoci anche, citando Roosvelt, che “l’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”. Ed è vero.
Qualche mese fa un mio amico parlava già di vivere questa crisi come un’opportunità, ma ci trovavamo all’inizio di questa crisi e nessuno riusciva a capire bene cosa stesse per succedere e anch’io non riuscivo a vedere che la cosa migliore da fare fosse di cominciare a vederla come un’opportunità, insomma un’occasione. “Scritta in cinese la parola crisi è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo e l’altro rappresenta l’opportunità”, questa è una delle più famose citazioni di John F. Kennedy che non fa che tradurre la parola crisi scritta in cinese dove appunto si individuano il simbolo del pericolo e quello dell’opportunità, a ricordarci che davanti ad ogni pericolo c’è sempre una via d’uscita positiva, davanti al nero c’è il bianco. Si possono dare mille interpretazioni e tutte a sottolineare il fatto che in un momento di debolezza bisogna esprimere il meglio di noi stessi per ottenere un buon risultato senza che la paura abbia il sopravvento.
Questo sarà il leit-motiv di questo 2009. Cercheremo ri raccogliere le nostre migliori energie per poter affrontare il peggio, o forse per poter limitare al minimo i danni che ci saranno. Questo è il messaggio giusto da dare a tutti in un momento come questo e non dire invece “scialacquate che tutto passa”, è ben diverso. Dare un’iniezione di positività significa dare un’immagine oggettiva della realtà e incoraggiare tutti nel riuscire ad ottenere un risultato positivo.
E allora avanti tutti a contrastare questa crisi con il meglio di noi stessi, facendo quello che sappiamo fare.
Avrei voluto chiudere l’anno sul blog in maniera diversa, ma l’attualità ci riporta alla drammatica realtà di questi giorni. In particolar modo avevo immaginato di poter non parlare di guerre. Ma purtroppo non sarà così. Il conflitto israelo-palestinese si riaccende in questo scorcio del 2008
Palestinian Kids
In questi giorni assistiamo tristemente al riaccendersi del conflitto tra israeliani e palestinesi, che tradotto significa assistere a un nuovo massacro di civili. Nell’ultimo attacco da parte di Israele sono stai uccisi più di 400 civili, li hanno chiamati “obiettivi strategici”. Sarà, ma chi ci va di mezzo e soprattutto in un conflitto lungo e complicato come questo sono i civili, donne e bambini soprattutto. Ovviamente non voglio discutere sul diritto di Israele ad esistere, anzi, lo Stato d’Israele ha diritto di esserci, ma quello che voglio sottolineare è che ci debba essere altrettanta tranquillità nell’affermare che ci debba essere uno Stato Palestinese. Non sto dicendo niente di nuovo, lo so, ma è meglio ribadire questo concetto soprattutto in queste giornate. Tra l’altro questa posizione è da sempre portata avanti anche dalla Chiesa e ben pochi hanno seguito questo messaggio. Si perchè da sempre il luogo su cui trova la Terra Santa è stata contesa dai pro-Israele, in particolare gli Usa, e dai pro-Palestinesi, ex-Urss e paesi arabi, dove ha trovato luogo di battaglia quella Guerra Fredda che ha caratterizzato cinquant’anni e più del secolo scorso. Una Terra inizialmente abitata dagli Arabi, va ricordato, i quali sono stati costretti inizialmente a lasciare la loro terra per far posto agli interessi commerciali degli europei alla ricerca del petrolio, poi confinati in quella che è oggi la Cisgiordania e lasciare la terra agli Ebrei di Palestina, dove appunto oggi sorge lo Stato di Israele. Questa era la soluzione degli Inglesi, che le Nazioni Unite fecero proprio, al problema: uno stato israeliano, dove oggi sorge per l’appunto, e uno stato palestinese, in Cisgiordania. Ma questa soluzione non accontentava nessuno soprattutto perchè la contesa si spostava anche su Gerusalemme che gli Arabi hanno sempre considerato loro capitale e lo stesso valeva e vale oggi per gli Ebrei che non voglio lasciare la loro città algi Arabi. A nulla sono valse ipotesi di divisione succedutesi nel tempo. Già questo dimostra di quanto sia difficile trovare una soluzione al problema e non ci aiuterebbe nemmeno provare a fare una cronostoria degli ultimi vent’anni perchè arriveremmo sempre allo stesso punto. Tranne nel ‘93 quando Rabin e Arafat stavano per siglare veramente la pace con gli Accordi di Oslo spezzati da un fanatico ebreo che nel ‘95 uccise Rabin. Da quel momento mai più si è andati così vicini alla Pace. E dopo la scomparsa di Arafat è subentrata al vertice politico dell’Autorità Palestinese Hamas, gruppo politico armato autore di molti attentati suicidi inIsraele che hanno provocato vittime innocenti e anche enormi e insormontabili difficoltà verso una pace duratura.
Oggi Israele ha deciso di rimuovere con la forza Hamas, senza badare ai civili palestinesi e forse senza considerare le enormi conseguenze che questo potrebbe provocare. Di sicuro non è questo il modo per arrivare ad un accordo coi palestinesi. E se non si può colloquiare con Hamas, perchè di fatto è impossibile e anche perchè Hamas stessa non ha tanta voglia di dialogare, allora bisognerebbe trovare il modo di coinvolgere gli altri paesi arabi più moderati a cominciare dalla Giordania per farsi promotore di un percorso che possa quantomeno smorzare i toni e deporre le armi. E’ vero anche che questa strada è stata già battuta, ma si può lasciare il popolo palestinese in balìa della sete di vendetta di Hamas? Non credo proprio, anche perchè gli stessi paesi arabi moderati non hanno voglia di iniziare una nuova guerra contro Israele. Ma con la violenza Israele non ha mai vinto e la storia lo dimostra. Anzi non solo Israele, nessuno ha mai vinto con la violenza o la guerra.
Bisognerebbe prendere esempio dai tanti esempi di convivenza tra arabi e israeliani che la cronaca ci propone, così come anche il cinema. C’è stato un periodo, prima della guerra del 1967 che arabi ed ebrei convivevano, divisi ma convivevano. Gli arabi erano integrati nella società israeliana, lavoravano con loro, giocavano con loro. Da allora questo non è stato più possibile. E allora voglio augurarmi che questa accada di nuovo, augurare a questa terra tanto bella e desiderata quanto martoriata che questo possa accadere presto, nel 2009.
Nell’augurarvi un Buon Anno, auguriamoci anche di non vedere più guerre, di non vedere più vittime innocenti, di non vedere più sofferenze. Di vedere finalmente la Pace.
Sfogliando per caso il sito de “il Manifesto” scopro con grande sorpresa che anche loro si sono accorti del web e soprattutto di facebook, avviando una riflessione a riguardo. Dopo che un lettore del quotidiano ha criticato una rubrica del giornale paragonandola nei toni a “Porta a Porta” ecco la risposta del quotidiano che riporto per intero, aprendo un dibattito qualora vogliate commentarlo:
* Quando Facebook scende in politica
“Un visitatore di questo sito, molto arrabbiato con noi, ci ha scritto ieri che le “letterine” di cui si compone il dibattito al quale vi chiamiamo quasi ogni giorno “somigliano tanto a Porta a Porta”. Gli lasciamo la sua opinione, ci mancherebbe, ma abbiamo come l’impressione che quelle “letterine” (contenuti a parte) siano oggi la sostanza della Rete in versione 2.0 come dice chi se ne intende, e cioè la sostanza del dibattito permanente in cui si va trasformando la Rete. Noi siamo a metà strada. Ma questo dovrebbe interessare tutti quelli che lamentano la fine della politica, la ristrettezza di spazi pubblici, la mancanza di dibattito. E, perchè no, la chiusura delle sedi di partito, la trasformazione dei comizi in piccoli show, la fine delle forme della politica così come la conoscevamo. Il fenomeno Facebook, in questo, fa scuola. Velocemente il social network sta arrivando dovunque, anche qui da noi. Da quando si è scoperto che è stato una delle carte vincenti dell’elezione di Obama (Chris Hugues, uno dei fondatori di Facebook è stato tra i consulenti elettorali del neopresidente Usa), Facebook è pieno di politici, e di politica. Walter Veltroni, con i suoi 35.000 sostenitori è stato il primo a muoversi. Gli altri lo hanno seguito, dalla Gelmini a D’Alema. Ieri, solo per fare un esempio, la “Repubblica” ricordava che su Facebook da qualche giorno due gruppi contrapposti dibattono il caso D’Alfonso, il sindaco di Pescara fermato e poi scarcerato. E così via. Ma lo stesso Veltroni, che ha chiamato i suoi sostenitori a una festa in un locale di Roma, ha già provato la distanza tra il reale e il virtuale, dal momento che dei 35.000 sostenitori solo 1300 si sono presentati all’appuntamento. “Il social networking, dicono gli esperti americani, indica la strada da percorrere per le prossime campagne elettorali”. Magari. Riusciremo così a dimenticare i danni che la politica italiana ha fatto alla televisione, e viceversa? D’altra parte il social networking – e questa la sensazione di chi pure lo frequenta – difficilmente riuscirà a scalfire la politica del “Porta a porta” (a proposito…). Forse indica la strada di un’altra politica, definitivamente più light, più ancora liquida di quanto non sia quella di oggi? E noi a che punto siamo? Abbandoneremo i cortei e la piazza per lo schermo del nostro pc?”
Chi ha dominato il 2008? Quali sono stati i personaggi più influenti in questo anno e chi lo sarà per il 2009? Dietro Obama, che anche il settimanale statunitense Newsweek mette sulla vetta del mondo, ci sono molte sorprese in positivo e in negativo. Ovviamente, nessun nome italiano, nel bene o nel male.
La lista del settimanale fotografa il punto di vista americano, che poi influenza il resto del pianeta. Si perchè di sorprese ce ne sono. Fatto salvo il personaggio numero uno, Barack Obama, neo Presidente Eletto degli Usa verso il quale gli stessi cittadini americani ripongono tutte le loro speranze (basti pensare che ad oggi la popolarità di Obama negli Usa secondo gli ultimi sondaggi è oltre l’80%), dietro ci sono molti volti che nessuno avrebbe pensato essere così influenti. Perchè poi quel che conta per il Newsweek è di indicare personaggi in grado di segnare il tempo, senza alcuna distinzione di sesso, razza o religione. E allora ecco che dietro Obama troviamo Hu Jintao il Presidente della Repubblica Popolare della Cina e poi subito dopo il Presidente della Francia Nicolas Sarkozy, il primo politico e personaggio europeo presente nella lista, ad indicare che comunque la si pensi per il prossimo futuro il presidente francese avrà il suo peso, così come lo avranno Angela Merkel, Cancelliere tedesco, e prima donna in lista, e Gordon Brown, Primo Ministro britannico, che nonostante il suo periodo non entusiasmante il patria, continua ad essere un personaggio importante per la politica europea e non solo. Politici italiani: zero! Neanche l’ombra, nonostante il gran parlare che si fa sul fatto che l’Italia sta aumentando il suo prestigio internazionale. E’ vero che il metro di misura non sia questa lista nel Newsweek, ma comunque ci da il polso di cosa avvertono di noi all’estero, cioè un Bel NIENTE!
Visto che ci avviciniamo a gradi passi verso la fine del 2008, come si sa è tempo di fare un pò di conti, valutazioni che ci possono tornare utili per il nuovo anno. Come primo step, perchè voglio riservarmi ancora la possibilità di discutere di questo 2008, voglio commentare i dati Censis sulla comunicazione in Italia nel 2008, dove non c’è da essere entusiasti.
Come ormai saprete, la comunicazione è un argomento che mi sta molto a cuore e lo scopo di questo blog è quello di analizzare a fondo come la comunicazione stia cambiando oggi nell’era del web 2.0. Abbiamo già detto di quanto il nostro paese fatichi a stare al passo coi tempi e più volte abbiamo segnalato una forma di arretratezza mentale che ci impedisce di vedere occasioni che sono veramente a portata di mano e alla portata di tutti. Ma per procedere nel solco di questo argomento, bisogna comunque dare un’occhiata alla fotografia che il Censis fa sullo stato della comunicazione in Italia. E c’è da dire subito che per quanto riguarda il web non c’è da stare allegri. Infatti solo il 38,3% degli italiani pensa o crede che questo sia uno strumento da utilizzare per la comunicazione, quindi per reperire notizie e altro. Dove invece la fa da padrona la televisione che con l’85,5% è ancora il mezzo preferito degli italiani, proprio nel momento in cui sta perdendo il suo valore di socializzazione. Per il web, a parte il risultato risicato che ho indicato prima, c’è comunque da segnalare che tra i giovani, nella fascia di età compresa tra i 14 e i 29 nel periodo tra il 2003 e il 2007 ha registrato un aumento considerevole passando dal 61% all’83%. Un bel salto direi che comunque non basta. C’è ancora molto da fare e speriamo che già dal 2009 il web possa essere più utilizzato dagli italiani.
Vorrei spendere anche due parole per i giornali. Si sa che si sta andando verso il formato online e a fare da maestro in questo senso è il New York Times, che proprio in questi giorni sta migliorando il suo formato online dato anche il periodo di crisi che la stampa americana sta soffrendo. Ma in Italia le cose sono un pò diverse. Secondo il Censis, poco più della metà degli italiani legge quotidiani acquistati nelle edicole e soprattutto, sottolineo, non ci sono idee valie per andare diritti al formato online abbandonando la carta stampata. Tutti i maggiori quotidiani italiani hanno un sito che riporta ne più e ne meno il formato stampato, ma nessuno ha ancora iniziato ad affrontare il problema della scarsità dei risultati in termini di lettori; nessuno e neanche i grandi giornali, si è posto il problema che è tempo di cambiare. Eppure i contributi statali ci sono, quesgli stessi contributi che mantengono a galla quotidiani con poche decine di lettori. Mi fermerei qui anche perchè ci sarebbe da dire troppo e non sarebbe questo il modo chiudere questa riflessione. Buona comunicazione a tutti intanto
E’ da un pò di tempo che Facebook sta creando problemi alle aziende. In particolar modo alle imprese italiane non va giù il fatto che gli impiegati possano navigare su questo socialnetwork, in forte ascesa nel nostro paese, incorrendo anche nella possibilità di essere additati come “fannulloni”.
Qualche settimana fa anche su questo blog segnalavo la decisione presa da Poste Italiane di inibire l’uso di Facebook dai pc aziendali in uso ai dipendenti e che da lì a poco questa decisione sarebbe stata imitata dalla Regione Veneto e dal Comune di Napoli, che in verità hanno provveduto solo a limitarne l’uso. Se da più parti si parla di aprire anche le aziende all’uso delle nuove tecnologie e quindi anche all’utilizzo di nuove forme di comunicazione legate al web, ecco che questi provvedimenti vanno nel senso praticamente opposto, rivelando tutta la difficoltà che esiste nel cercare un approccio alle nuove tecnologie. Adesso pare che in questo divieto sia incluso anche Dagospia, il sito gossipparo di Roberto D’Agostino, come se navigare nel mare di immagini “Cafonal” renda meno produttivi. Si perchè il tutto è legato alla concetto di produttività degli impiegati che se “vagabondano” su siti del genere, lavorano poco. Ora, la domanda sorge spontanea, ma per caso i fannulloni sono nati con internet? o meglio, facebook è una fabbrica di nullafacenti? Io sostengo di no, e per di più trovo queste argomentazioni un motivo per non volere andare al fondo del problema, che evidentemente sta altrove. A sostegno di questa mi idea riporto un’affermazione di Andrea Cardamone, amministratore delegato della banca online We@bank, che dice: «Io guardo ai risultati, se poi i dipendenti usano Internet per fatti propri e sono contenti, sono contento anch’io». Sacrosanto! Prendersela con Facebook fa perdere tempo, aggiungo.
In risposta a tutti questi divieti su Facebook è stato cerato anche un gruppo “Anche io tra Messenger e Facebook oggi non ho concluso un caz..” che vanta al momento in cui scrivo oltre 235 mila iscritti, cioè 235 mila potenziali fannulloni. Ha ragione Marco Camisani Calzolari, coautore del libro «Impresa 4.0», quando dice che «il divieto risponde alla logica arcaica di misurare il lavoro in tempo. Bisogna ripensare la produttività». Giusto! Ma come? si chiederanno tutti? semplicemente fare in modo che ci si possa aprire alle nuove tecnologie facendole diventare strumenti di lavoro. Skype è un esempio; ormai sono tante le aziende che preferiscono che i dipendenti utilizzino questo software per telefonare, anche per risparmiare sulle telefonate, che non è male. Ma sono molte le aziende che non pongono limiti di nessun genere anche se hanno tutte una forte connotazione tecnologica, come ad esempio Microsoft Italia dove Facebook è accessibile e si interagisce con i clienti attraverso il Messenger, meglio ancora dell’utilizzo delle mail. Se poi guardiamo cosa succede in Europa scopriamo che la Germania è il paese più aperto all’uso di Facebook, in Gran Bretagna si arriva al 60%, invece negli Usa un’azienda su due proibisce l’utilizzo del sito. Caso limite è quello capitato ad un giovane inglese, che datosi malato per andare invece a passare una serata in un pub a bere, ha lasciato un commento della serata proprio su Facebook. Peccato però che anche il suo titolare fosse tra gli iscritti sul sito, una leggerezza che gli è costata molto.
E’ sicuramente il personaggio dell’anno 2008 ed è il “politico 2.0″ per antonomasia, cioè rappresenta quello che la politica potrebbe fare per migliorare i i rapporti coi cittadini rendendoli più partecipi alle decisioni da prendere. Ed è per questo che Obama crea sul suo sito Open for Questions
Da quando è stato eletto lo scorso 4 novembre Barack Obama si è messo subito al lavoro, creando la propria squadra con nomi importanti per rilanciare l’economia per contrastare la crisi, ma soprattutto non ha mai perso di vista la caratteristica che più lo ha contraddistinto durante tulla la campagna elettorale. E cioè, mantenere vivo il suo rapporto coi cittadini che sono stati i grandi protagonisti che lo hanno portato ad essere il primo Presidente degli Usa nero. Ha continuato a privilegiare il web come strumento ideale per dare spazio alle richeste dei cittadini americani, sin da subito ha realizzato il sito Change.gov col quale ha descritto le azioni che prenderà nell’immediato parlando a tutti tant’è che pronunciato il suo primo discorso da Presidente eletto proprio su Youtube, sucitando entusiasmo e stupore, soprattutto dai grigiasti della nostra politica.
Facebook, come pure MySpace o LinkedIn, non possono ritenersi più una moda passeggera. Ma costituiscono un vero e proprio fenomeno di costume, una testimonianza del cambiamento nei modi di comunicare dei nostri tempi. E di conseguenza sempre più nel mirino di fake, cioè falsi.
Facebook e falsi vip
Ormai da qualche giorno non si parla d’altro che dei falsi che girano specialmente su Facebook, soprattutto fra i Vip nostrani. Tant’è che si parla di un vero e proprio allarme in questo senso con tanto di denunce alla Polizia Postale. Ma cosa sta succedendo? In teoria niente di grave, però da parecchio fastidio che qualcuno possa spacciarsi per te quando tu non ne sai assolutamente nulla. Parecchio. E Carlo Verdone, una volta scoperto che su Facebook un paio di persone scrivevano, creavano gruppi, chattavano coi fans come se fosse lui, non l’ha mandato giù e ha deciso di denunciare il tutto sui giornali e tv. E si viene a scoprire che non è il solo. Sono tantissimi personaggi famosi nostrani ad essere vittima di questi furbastri che si spacciano per personaggi famosi e cercando di trarre in inganno qualche sprovveduto, anzi neanche qualche perchè a vedere bene sono tanti quelli che credono di parlare con Verdone, piuttosto che Fiorello o Monica Bellucci. E poi non è neanche tanti difficile farlo: basta conoscere qualche notizia relativa a questo o quel personaggio, qualche foto e il gioco è fatto. Ci vorrebbe una protezione adeguata per smascherare queste azioni.
Finalmente possiamo dire che una nuova fase della Politica Italiana sia iniziata, proprio come volevamo, cioè più attuale e più rivolta anche al web. Ecco perchè si potrebbe parlare di Politica 2.0. Ma sarà veramente così? Basteranno i ministri Gelmini e Brunetta a scuotere un pò l’ambiente? Vedremo.
Sinceramente, non ne sono molto convinto, anche se, come ha prontamente scritto il mio amico Andreas sul suo blog, qualcosa si sta muovendo per il verso giusto. D’accordo che qualcosa si stia muovendo nel nostro grigiore politico, ma finora è poca cosa, e anche, aggiungo, fatta male. Buona l’idea della Gelmini, ministro della Pubblica Istruzione, ad utilizzare il web, quindi Youtube, per aprire al dialogo col pubblico giovane che è un assiduo frequentatore di internet, ma se ci avesse pensato prima non sarebbe stato male. Barack Obama, visto che adesso provano tutti ad imitarlo, ha capito sin da subito che buona parte della sua campagna elettorale andava giocata sul web, avendo ragione, e dopo averla vinta sta continuando su questa strada. E’ riuscito ad intuire che qualcosa stava cambiando nel suo paese e con una strategia del tutto nuova è riuscito a dare forma alla richiesta di cambiamento che veniva dal suo paese e non solo. Il tentativo della Gelmini arriva dopo polemiche, scioperi, proteste che hanno scosso la scuola italiana e non vorrei, come invece credo, tutto questo si vanifichi proprio perchè arrivato tardi e screditato da una politica che non si accorge che il cambiamento in Italia è gia iniziato.
Quando ho saputo che Brunetta si è iscritto su Facebook per creare un rapporto diretto con gli italiani e con chi quotidianamente si deve misurare direttamente con le ambziose azioni che sta mettendo in atto il ministro, non vi nascondo che sono rimasto piacevolmente sorpreso. Ho pensato che forse, dopo la Gelmini, qualcosa veramente comincia a muoversi. Purtroppo, non è stato così. Guardando il video c’è da restare un attimo perplessi. Ma come si pensa di potersi presentare in quel modo e credere di essere convincenti? E la sciarpetta? Credo che se anche Barack Obama avesse provato a presentarsi con una sciarpetta avrebbe preso una sonora cantonata. A parte la battuta, ma presentarsi in un altro modo no? Cercare anche di fare un discorso compiuto e non una manciata di secondi appena, avrebbe sicuramente dato più senso alla cosa. Non basta dire di “far vedere cosa si fa” ci vuole altro. Cosa ci vorrebbe? Almeno un pò di convinzione in più. Con quella sciarpetta sembra che stia facendo tutto in fretta e furia “che c’ho da fare!”. Purtroppo questo primo tentativo è andato male e non so se ce ne saranno altri. E speriamo che adesso il ministro non decida di mettere i tornelli anche sul web…