Duolingo taglia il lavoro umano, Klarna lo reintegra. Due scelte opposte e una verità, e cioè che l’IA da sola non basta. Due casi della stessa medaglia del rapporto tra uomo e macchina.
Sicuramente ricorderete il caso Duolingo, di cui abbiamo parlato. L’azienda, nota per l’apprendimento delle lingue, ha scelto di diventare una realtà AI-first, decidendo di non rinnovare le collaborazioni esterne, in particolare con traduttori e revisori, per affidarsi completamente all’intelligenza artificiale nella produzione dei contenuti.
Un passaggio netto per l’azienda, per cui l’IA diventa asse strategico per crescere, ridurre tempi e costi, e dare continuità alla visione dell’azienda. Ai collaboratori interni viene proposta formazione e coaching per aggiornare le competenze e gestire, di fatto, il controllo umano a valle del processo automatico. Ma è chiaro fin da subito che il centro della produzione si è spostato verso la macchina.
Questo caso ha fatto discutere. Perché, da quando l’intelligenza artificiale generativa è entrata in scena in modo dirompente, si è tornati ciclicamente su un riflesso condizionato: la macchina sostituirà il lavoro umano?
Ma la situazione attuale è ben diversa da questa narrazione semplicistica. No, la macchina non può sostituire l’uomo. Non oggi. E probabilmente, non domani.
Ridurre il dibattito a uno scontro secco tra uomo e macchina, senza considerare il contesto, la complessità e le responsabilità, significa perdere una parte importante della riflessione. Ed è proprio qui che si inserisce il secondo caso di cui voglio parlarvi oggi. E cioè Klarna.

Caso Klarna, un passo indietro per fare chiarezza
Klarna, azienda svedese attiva nel settore dei pagamenti online, è diventata nota anche per il suo sistema di dilazione integrata al checkout. Ma la notizia che ci interessa è un’altra. Dopo un anno e mezzo di utilizzo intensivo dell’IA nel servizio clienti, con un’efficienza dichiarata del 75%, l’azienda fa un passo indietro.
Tutto il customer care era stato affidato a un assistente virtuale basato su OpenAI, in grado di gestire richieste in oltre 35 lingue. Un’infrastruttura che, sulla carta, funzionava alla perfezione.
Ma l’esperienza ha mostrato un’altra realtà. L’aumento delle lamentele da parte degli utenti, un calo della qualità del servizio e, soprattutto, l’assenza di empatia. Perché sì, l’intelligenza artificiale non è empatica.
E l’empatia, nel servizio clienti, non è un optional.
Alla luce di tutto questo, Klarna ha rivisto la sua strategia. L’intelligenza artificiale non viene abbandonata, ma affiancata da un ritorno dell’interazione umana, con l’obiettivo di garantire un’assistenza più completa, capace di rispondere anche ai casi più delicati o complessi.
Un ribaltamento che porta a dire che non è l’uomo a cedere il passo all’IA, ma ancora oggi è l’IA ad avere bisogno dell’uomo per funzionare davvero.
L’IA non è cosciente e non potrà sostituire l’essere umano
In una delle puntate di ConversazioniAI, il format che conduco ogni lunedì alle 19 insieme a Federica Attore, è intervenuta la scienziata Mirella Mastretti, esperta di intelligenza artificiale. E in modo molto chiaro ha ricordato un punto fondamentale. L’IA non è in grado di sostituire l’uomo. E non lo sarà nel prossimo futuro.
Perché? Perché non ha consapevolezza di sé, non ha coscienza, non ha desideri né intenzioni.
E il giorno in cui dovesse acquisirli, ipotesi puramente teorica al momento, parleremmo di qualcosa di molto diverso da ciò che oggi intendiamo per “intelligenza artificiale generativa”. Un giorno che, allo stato attuale, non è affatto realistico.
Due facce della stessa medaglia
I casi di Duolingo e Klarna ci raccontano la stessa storia da due punti di vista opposti.
Da una parte, la macchina che avanza, sostituendo il lavoro umano. Dall’altra, la macchina che si ferma, riconoscendo i suoi limiti.
Entrambe le aziende stanno cercando la strategia più efficace per integrare l’IA nei propri processi. Non è una questione ideologica. Si tratta di una questione di sostenibilità, di efficienza, ma anche di qualità, fiducia, empatia, relazione.
Ecco perché serve un approccio più profondo, più lucido e meno superficiale.
Non basta dire “funziona” o “non funziona”. Ogni azienda, e ogni professionista, è chiamato a valutare come adottare l’IA nel modo più responsabile e controllato possibile, mantenendo il presidio umano come elemento indispensabile.
Perché la verità è più semplice di quella che siamo portati a considerare. L’IA generativa ha ancora, e lo sarà ancora a lungo, bisogno dell’intelligenza umana.
E questo, al netto di ogni entusiasmo tecnologico, è un dato di fatto.