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Creator in Italia nel 2025, consapevolezza ma pochi guadagni

Data:

Il report Kolsquare 2025 fotografa la professione del Creator in Europa. In Italia pochi guadagni, forte divario di genere, ma attenzione crescente a valori e responsabilità.

Possiamo dire che nel 2025 la professione del Creator non è più una nicchia. Col tempo è diventato un mestiere, resistendo anche alla parabola degli influencer.

Già, è una professione che permette di esprimersi a chi ha qualcosa da dire, con serietà e competenza, senza per forza inseguire e rincorrere l’economia dei like. Ma, allo stesso tempo, è una professione fragile.

Uno degli aspetti che interessa da sempre, quando si parla di Creator, riguarda il loro guadagno. Una voce che è spesso relativa e mai uniforme, in quanto dipende da tanti aspetti.

Ma se ne torna a parlare da qualche settimana per via di un interessante report che fa un quadro abbastanza preciso di quella che è la situazione attuale dei Creator, evidenziando anche altri aspetti.

Il report “Voices of the Creator Economy 2025”, pubblicato da Kolsquare in collaborazione con NewtonX, fotografa con lucidità questo equilibrio instabile. E lo fa con un approccio europeo, raccogliendo i dati di 783 creator professionisti con almeno 5.000 follower in otto Paesi chiave: Francia, Germania, Italia, Spagna, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi e Paesi Nordici (Danimarca, Svezia, Finlandia e Norvegia).

Un’indagine che va oltre le vanity metrics e mostra come anche la creator economy ha i suoi squilibri, le sue disuguaglianze.

Dalla disparità di reddito tra uomini e donne, alle nuove forme di pressione online, dalle condizioni lavorative, alla percezione dei valori condivisi.

Vediamo cosa ci racconta questa fotografia. E soprattutto, cosa ci dice dell’Italia.

Creator in Italia nel 2025, consapevolezza ma pochi guadagni
Creator in Italia nel 2025, consapevolezza ma pochi guadagni

I Creatori in Europa: dati generali

Lo studio ha coinvolto 783 creator con oltre 5.000 follower in otto Paesi europei. La distribuzione geografica del campione è la seguente:

Paese Numero di creator coinvolti
Germania 139
Francia 136
Regno Unito 121
Paesi Nordici 94
Italia 89
Spagna 78
Paesi Bassi 68
Belgio 58

 

Quanto guadagnano i creator in Europa

Il primo dato che salta all’occhio riguarda i redditi. In media, il 74% dei creator guadagna meno di 1.000 euro al mese, una cifra che rende difficile parlare di sostenibilità economica per molti di loro.

In Germania si registra la media più alta, ma anche il divario retributivo di genere più marcato: gli uomini guadagnano in media il 25% in più delle donne.
Il Regno Unito, invece, presenta un paradosso: solo il 22% dei creator è attivo a tempo pieno, ma è anche il Paese con il più alto tasso di trolling online: il 30% dei creator britannici ha subito molestie o attacchi verbali sui social.

In Francia, la situazione è altrettanto complessa:

  • il 77% dei creator lavora in autonomia
  • solo il 30% si definisce ben pagato
  • il 69% accetta scambi in prodotti (barter) al posto del pagamento in denaro
  • i creator francesi danno priorità a tre valori: equità, reputazione del marchio e impatto positivo.

Il profilo dei Creator italiani nel 2025

E in Italia? Dei 783 creator coinvolti nello studio, 89 sono italiani. Un campione che consente di delineare un identikit molto preciso, e per certi versi disarmante.

Un lavoro… ma per pochi

  • solo il 35% dei creator italiani lavora a tempo pieno come creator
  • il 56% gestisce la propria attività da solo, senza collaboratori né supporto organizzativo
  • il 38% ha una seconda attività per integrare il reddito.

Guadagni bassi, molto bassi

  • il 74% guadagna meno di 1.000 euro al mese
  • solo il 5% supera i 3.000 euro mensili
  • il 17% guadagna tra 1.000 e 2.000 euro
  • il restante 4% si colloca tra 2.000 e 3.000 euro.

Questi dati confermano che per la maggior parte dei Creator italiani la creazione di contenuti non è una fonte di reddito sufficiente a garantire autonomia economica.

La consapevolezza di essere Creator

Eppure, l’impegno e la consapevolezza sono alti:

  • il 62% si identifica come “content creator” (e non come influencer)
  • il 70% sceglie collaborazioni con brand che ne condividano i valori
  • il 40% dice no a collaborazioni anche ben pagate se non coerenti con i propri principi
  • il 58% si definisce attento all’impatto sociale dei propri contenuti
  • il 32% ha rifiutato almeno una volta un contratto per motivi etici.

Il Creator italiano, secondo questi dati, mostra un forte senso di responsabilità, e cerca, anche se tra mille difficoltà, di costruire una narrazione per quanto possibile coerente, rispettosa e autentica.

Confronto Italia-Europa

Il report di Kolsquare permette anche un confronto diretto tra l’Italia e gli altri Paesi analizzati:

Indicatore
Italia
Francia
Germania
Regno Unito
Media Europa
% di creator a tempo pieno 35% 42% 44% 22% ~40%
% che guadagna meno di 1.000€/mese 74% 70% 65% 76% 74%
% con seconda attività 38% 35% 33% 40% ~36%
% che lavora da solo 56% 77% 60% 65% ~64%
% che accetta collaborazioni non pagate 69% (barter) 69% 58% 63% ~65%
% che rifiuta brand non etici 40% 36% 34% 30% ~35%

 

L’Italia è in linea con la media europea sul piano della precarietà, ma si distingue per una maggiore attenzione etica nelle collaborazioni, un dato che può diventare leva competitiva.

Ecco il Codice di condotta Influencer, multe fino a 600 mila euro

Gender gap nella creator economy: tra disparità e invisibilità

Uno dei nodi più delicati che il report mette in evidenza è il divario di genere. Una disuguaglianza economica che attraversa l’intera creator economy europea, spesso sottovalutata o ignorata, ma che emerge in maniera netta nei dati del 2025.

In Germania, ad esempio, il gender pay gap è il più evidente: gli uomini guadagnano in media il 25% in più delle donne, a parità di follower e contenuti.

Un dato che, oltre a colpire per l’entità, mostra quanto anche un settore percepito come “nuovo” e “democratico” possa riprodurre schemi strutturali di disuguaglianza.

Ma il problema non è solo economico. È anche di accesso alle opportunità e di tutela.

Secondo il report:

  • il 60% delle creator ha dichiarato di aver subito episodi di trolling, molestie o commenti sessisti sui propri profili
  • le creator segnalano maggiore difficoltà nel farsi pagare il giusto dai brand rispetto ai colleghi uomini
  • le creator sono anche meno presenti nei contratti a lungo termine e nei contenuti sponsorizzati ad alto budget

In Italia, sebbene manchino dati disaggregati per genere nel dettaglio, il quadro tracciato dalle interviste indica che le disparità si riflettono anche sul mercato locale:

  • le creator italiane tendono a lavorare di più in autonomia
  • accettano più spesso collaborazioni in modalità barter (scambio merce),
  • sono meno presenti nei progetti con brand internazionali, dove i budget sono più elevati.

Tutto questo accade mentre il 62% dei creator italiani si identifica come “content creator” e non “influencer”, sottolineando un desiderio di riconoscimento professionale che però si scontra ancora con bias strutturali.

Il gender gap, dunque, non è un effetto collaterale. È parte integrante del sistema. E la sua persistenza rischia di compromettere non solo l’equità, ma la stessa credibilità del settore come nuova forma di lavoro e professione.

Una Creator Economy in bilico

Quello che emerge dal report è una fotografia strutturata, a tratti contraddittoria. Il lavoro del creator è sempre più presente nel tessuto economico e culturale europeo, ma è ancora sottopagato, instabile e spesso invisibile nei diritti.

In Italia, più che altrove, emerge un’idea di professione non ancora pienamente riconosciuta, ma che si fonda su valori forti, visione e dedizione personale.

Un paradosso tutto italiano: si guadagna poco, si lavora tanto, e si tenta di farlo bene.

Ed è proprio da questa contraddizione che, forse, può nascere un’evoluzione più matura dell’ecosistema.

Se alle metriche di engagement cominciassimo ad affiancare standard professionali, attenzione e percorsi di crescita sostenibili, potremmo davvero iniziare a parlare di economia dei creator.

Ma è tutto da vedere.

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[Immagini di copertina, e quelle usate sui canali social di Franz Russo e di InTime Blog, generate usando modelli di IA Generativa come Chatgpt-5 di OpenAI e Gemini 2.5 Flash Image] 

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Franz Russo
Franz Russo
Franz Russo, fondatore, nel 2008, del blog InTime, ho collaborato con grandi aziende nazionali e internazionali, come consulente per strategie di comunicazione e come divulgatore. Da sempre impegnato nella comunicazione digitale, cerco di unire sempre una profonda passione per l’innovazione tecnologica a una visione olistica dell’evoluzione dei social media e degli strumenti digitali. Il mio percorso professionale in questo campo, iniziato nel 2007, è stato caratterizzato da un costante impegno nel raccontare e interpretare i cambiamenti nel panorama digitale. Il mio approccio si basa su un mix di analisi strategica, creatività e un profondo impegno per il racconto e la divulgazione.
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