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Meta non firma il Codice UE sull’IA generativa

Meta non firmerà il Codice UE sull’IA. Una scelta che rischia di inasprire i rapporti con Bruxelles, mentre OpenAI e Mistral si dichiarano pronte a firmare. Cosa cambia dal 2 agosto 2025.

A meno di un mese dall’entrata in vigore delle norme europee sull’intelligenza artificiale, Meta ha deciso di sfilarsi. Non firmerà il Codice di buona condotta per i modelli generativi promosso dalla Commissione Europea.

Lo ha fatto sapere ufficialmente Joel Kaplan, vicepresidente globale per gli affari istituzionali del gruppo, con una dichiarazione chiara. Il Codice, nelle parole di Meta, sarebbe inutilizzabile e incompatibile con la realtà operativa delle aziende. Un ostacolo allo sviluppo, più che una guida, sostiene Kaplan.

La decisione di Meta su AI Act dell’UE

La decisione di Meta non è una sorpresa. L’azienda aveva già espresso scetticismo nei mesi precedenti, soprattutto di fronte all’impianto dell’AI Act, che entrerà pienamente in vigore il prossimo 2 agosto.

Ma stavolta la presa di posizione è formale. Il Codice, secondo Meta, introdurrebbe obblighi che vanno oltre quanto previsto dal regolamento europeo, ampliandone l’ambito in modo non proporzionato rispetto alla cornice legale definita dall’AI Act.

Il nodo è proprio questo.

Meta non firma il Codice UE sull’IA generativa
Meta non firma il Codice UE sull’IA generativa

Cosa prevede il Codice di condotta su IA dell’UE

Il Codice di buona condotta è uno strumento volontario, pensato per accompagnare l’entrata in vigore dell’AI Act e offrire una via semplificata alla conformità.

Firmarlo significa aderire a una serie di impegni trasparenti, come: pubblicare informazioni dettagliate sui dati di addestramento; descrivere in modo comprensibile le capacità e i limiti dei modelli; evitare l’uso di contenuti protetti da copyright non autorizzati; prevedere sistemi di sicurezza informatica e monitoraggio dei rischi, specialmente per i modelli ad alto impatto.

Ma significa anche beneficiare di un percorso di conformità agevolato, evitando verifiche caso per caso.

Rifiutare la firma, invece, comporta l’obbligo di dimostrare puntualmente la compatibilità con ogni requisito dell’AI Act, con un carico legale potenzialmente molto più pesante.

Secondo la versione di Kaplan, tutto questo si tradurrebbe in un freno per lo sviluppo dei modelli di intelligenza artificiale in Europa.

Possibile contrapposizione UE-Usa

Meta teme che la combinazione tra Codice e regolamento generi un clima normativo incerto e disincentivante. E chiede che anche il governo statunitense intervenga per tutelare la competitività delle aziende americane, indicando che l’impianto europeo possa rappresentare una minaccia sistemica per l’intero settore.

La posizione delle altre aziende IA

Nel frattempo, le posizioni degli altri protagonisti del mercato si stanno delineando.

OpenAI ha annunciato l’intenzione di firmare il Codice, subordinando la firma all’approvazione definitiva del testo da parte dell’AI Board europeo. La società che sviluppa ChatGPT, in una dichiarazione pubblicata l’11 luglio sul proprio sito, ha spiegato che aderire rappresenta un passo strategico per consolidare la sua presenza in Europa.

La firma del Codice offrirebbe maggiore certezza normativa, permetterebbe un dialogo più stabile con le autorità e costituirebbe una base condivisa per future evoluzioni regolatorie. In sostanza, per OpenAI si tratta di una mossa diplomatica quanto pragmatica.

Anche Mistral AI, la startup francese sostenuta dal governo Macron, ha già fatto sapere che firmerà. La decisione rientra nella visione sovrana europea sull’IA e segna un allineamento netto rispetto agli obiettivi della Commissione.

Al contrario, altre aziende statunitensi come Google (con DeepMind e Gemini) o Anthropic non si sono ancora espresse pubblicamente. L’adesione al Codice resta aperta, ma il silenzio suona come un segnale prudente, se non di diffidenza.

Non mancano poi le critiche da parte delle grandi aziende europee. In una lettera inviata a Bruxelles a fine giugno, un gruppo di 44 imprese tra cui Airbus, Mercedes-Benz, Siemens e SAP ha chiesto di posticipare di almeno due anni l’applicazione dell’AI Act.

Il timore condiviso è che la sovrapposizione tra le varie normative europee – AI Act, Data Act, Cyber Resilience Act – produca un quadro troppo rigido e incoerente, penalizzando l’innovazione e allontanando gli investimenti.

Le regole entreranno in vigore il 2 agosto, senza rinvii

La Commissione ha però ribadito che non ci saranno rinvii.

Il primo agosto sarà pubblicata la lista ufficiale dei firmatari del Codice e dal giorno successivo le nuove regole per i modelli generativi entreranno pienamente in vigore. I prossimi mesi diranno se l’adesione sarà ampia oppure limitata.

Ma intanto, con la decisione di Meta, il confronto si sposta su un piano più ampio. E cioè quello del rapporto tra le regole pubbliche e il potere decisionale delle grandi piattaforme. Che sono in mano a società private.

Quindi, mentre l’UE tenta di governare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale con strumenti giuridici trasparenti e condivisi, le grandi piattaforme continuano a negoziare lo spazio della norma.

Vedremo se alla fine Meta rivedrà la sua decisione.

Franz Russo
Franz Russo
Franz Russo, fondatore, nel 2008, del blog InTime, ho collaborato con grandi aziende nazionali e internazionali, come consulente per strategie di comunicazione e come divulgatore. Da sempre impegnato nella comunicazione digitale, cerco di unire sempre una profonda passione per l’innovazione tecnologica a una visione olistica dell’evoluzione dei social media e degli strumenti digitali. Il mio percorso professionale in questo campo, iniziato nel 2007, è stato caratterizzato da un costante impegno nel raccontare e interpretare i cambiamenti nel panorama digitale. Il mio approccio si basa su un mix di analisi strategica, creatività e un profondo impegno per il racconto e la divulgazione.
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