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Il ruolo dei Social Media nella società, tra libertà di parola e regole

La sospensione di Donald Trump da Facebook e da Twitter, e non solo, ha acceso un grande dibattito sul ruolo dei social media. Abbiamo chiesto un parere ad esperti che ci hanno offerto il proprio punto di vista, come: Vincenzo Cosenza, Vera Gheno, Stefano Epifani, Veronica Gentili, Ernesto Belisario.

La sospensione di Donald Trump, 45° presidente degli Stati Uniti d’America ormai a fine mandato, da Facebook e da Twitter, ma non solo, ha acceso il dibattito sul grande tema che avvolge le piattaforme social media, dopo i gravi fatti di Capitol Hill. E cioè: si tratta di piattaforme pubbliche o private? Possono davvero arrivare a mettere a tacere il presidente Usa, al limite della censura? Sono allora degli editori?

Tutte domande, lecite, che ormai si ripetono da giorni senza, tuttavia, aver ricevuto delle risposte esaustive. Si tratta della prima volta che un personaggio così rilevante viene sospeso da tutte le piattaforme. Già, perché si continua a discutere di Facebook e Twitter, le prime a prendere una posizione netta, in realtà la lista è lunghissima e coinvolge anche Pinterest, YouTube, Shopify, Twitch e via discorrendo, con molte altre come TikTok o Snpachat che hanno rimosso video di Trump.

trump banned sullivan getty images

Ricordiamo sempre che stiamo parlando di piattaforme gestite da aziende private che perseguono scopo di lucro con la vendita della pubblicità. E sono anche quotate in borsa, come Facebook o Twitter. Questo per dire che, in gioco ci sono, enormi interessi economici, basti pensare alle decine di milioni di dollari in pubblicità a cui ha rinunciato Facebook sospendendo l’account del presidente. Ma c’è in gioco anche la libertà di parola, principio nobile a cui tutte le piattaforme si richiamano, attorno al quale hanno costruito un insieme di regole da rispettare, nelle rispettive piattaforme, sempre tenendo conto delle regole vigenti.

Insomma, si tratta di un problema enorme che non può essere risolto nel giro di poco tempo e che, comunque la si pensi, questo costituisce un precedente.

Come sempre in questi casi, ci piace sentire la voce di chi ci può aiutare a vedere il problema da angolazioni diverse, in modo tale da far emergere diverse sfaccettature. E per questo, in questa nostra tavola rotonda, abbiamo voluto coinvolgere personalità ed esperti che ci offrono il loro punto di vista, prezioso, per noi, e speriamo anche per voi, per formularci una opinione quanto più oggettiva possibile.

E cominciamo con Vincenzo Cosenza, social media analyst tra i più esperti al mondo che da poco ha pubblicato “Marketing Aumentato“, che pone il tema della regolamentazione:

vincenzo cosenzaÈ la prima volta che viene estromesso un presidente degli USA, anche se a pochi giorni dall’uscita. In questo senso si tratta di decisioni poco coraggiose e un po’ furbe, che rispondono più a logiche contingenti che di interesse pubblico (altrimenti avrebbero dovuto agire prima).
Ora si aprirà un dibattito sul potere di queste aziende e su possibili regolamentazioni esterne. Facebook sta cercando di correre ai ripari attraverso la nomina preventiva di un suo “oversight board”, ma credo che si arriverà a qualche forma di regolamentazione, almeno in Europa“.

Vera Gheno, sociolinguista tra le più esperte in Italia:

A riguardo, questi sono i miei pensieri:

vera gheno1) Le policy delle piattaforme sono molto grossolane per forza di cose, particolarmente per quanto riguarda lo hate speech. Per esempio, bloccano a livello lessicale senza tenere conto di contesto, intenzioni comunicative e interlocutori; se ricevono una marea di segnalazioni, prima bloccano e poi casomai controllano. 2) Il sistema dice di essere democratico, ma non lo è affatto: un po’ come per l’esperienza che ho avuto con la branca italiana di una nota enciclopedia condivisa, c’è chi fa il bello e il brutto tempo, altro che democrazia. In realtà, la stessa difficoltà che c’è nell’arrivare a parlare con qualcuno del customer care secondo me la dice lunga di come questi contesti abbiano al loro interno una ben precisa piramide del potere. Insomma, sui social non siamo tutti uguali. 3) Trovo comico che queste misure siano arrivate adesso, quando il Titanic sta affondando, anche se concedo loro – soprattutto a Twitter – che già da mesi mettevano gli avvisi ai messaggi di Trump in caso di tweet particolarmente impresentabili. 4) Anche io sono spaventata dal fatto che la decisione di cosa far vedere e cosa no dipenda dalle superpotenze della rete, ma del resto, cosa ci aspettavamo? Rimango dell’idea che sia ora di educare seriamente all’uso della rete, perché non sarà vietando e nascondendo che ci sbarazzeremo dei complottismi vari e assortiti. Del resto, abbiamo permesso che si creassero queste superpotenze della rete (forse perché i governi hanno continuato a pensare ai social come un giochetto per lungo tempo); ora è oggettivamente un po’ difficile intervenire. 5) Mi rimane un interrogativo in testa: io sono felice che abbiano bloccato Trump perché lo giudico insopportabile e pericoloso, ma non so se sia la strada giusta per vincere i Trump del mondo. La verità è che chi si ritiene dalla parte dei “giusti” tende, da molto tempo, a minimizzare l’intelligenza o le azioni degli “altri”. Anche oggi, mille post per prendere in giro il tizio con il copricapo con le corna o quello ricoperto di pelliccia. Non ci si rende conto che questo disprezzo non fa che peggiorare la situazione e aumentare il rift tra il presunto “noi” e il presunto “loro”? Chi si definisce progressista o di sinistra non può pensare che abbandonare “gli scemi” possa essere una reale soluzione, almeno non rimanendo in democrazia”.

Stefano Epifani, docente alla Sapienza di Roma, fondatore di Tech Economy 2030 e presidente del Digital Transformation Institute, che pone al centro di tutto la politica “grande assente”:

stefano epifani“Sto vedendo una gigantesca confusione tra merito e metodo e distorsioni che non giovano al dibattito, anche da parte di professionisti che di questo si occupano, o dovrebbero occuparsi. Il punto non è se sia stato giusto o sbagliato bloccare Trump, ma il processo che ha portato a questa decisione. Dare ai Social Media la responsabilità di decidere chi bannare e chi no vuol dire conferire loro ulteriore potere, e responsabilità che se non è detto che vogliano (Zuckerberg lo ha sottolineato diverse volte) è certo che non devono avere. È troppo facile far riferimento ai TOS dimenticandosi che i TOS devono comunque essere subordinati alla normativa, e la normativa dipende dalla natura degli strumenti, in un contesto -oltretutto – in cui questa natura sta cambiando. Rispetto a questo punto il grande assente è stata la politica, che avrebbe dovuto occuparsi di questi anni già da anni. Non c’è più tempo per rimandare: occuparsene vuol dire capire cosa vogliamo che rappresentino le piattaforme rispetto a modelli di sostenibilità sociale ed economica verso le quali traghettare la nostra società. È impressionante come non ci si renda conto del fatto che quella che potrebbe anche sembrare una buona notizia è il primo passo verso un imperialismo di piattaforma che produrrà molti più danni di quelli che potrebbe risolvere. Oggi la decisione secondo molti è indubbia: ma cosa fare dei casi dubbi? E dei margini interpretativi? E quali le conseguenze di possibili errori? Di buono c’è che – se sapremo coglierla – questo fatto ci da l’opportunità per non poter più rimandare la discussione su un tema di importanza fondamentale. Ignorare la sostanza del problema e guardare al risultato immediato vorrà dire porre le basi di un problema che sarà davvero molto complesso da risolvere”.

Proseguiamo il nostro giro con Veronica Gentili, esperta proprio di Facebook e del Social Media Marketing in generale, il suo ultimo libro è “Professione Social Media Manager“, che ci porta il suo punto vista su questo tema:

veronica gentili“Penso che siamo di fronte a una di serie di azioni intraprese da parte di piattaforme private a seguito della palese violazione delle normative delle stesse. Ovvio che ci pone davanti a una serie di quesiti molto importanti che impongono sia una riflessione che un piano di azione: fin dove si possono spingere i privati nel “silenziare” chi si esprime negli spazi pubblici odierni? Dove finisce l’applicazione delle regole e inizia un vero e proprio meccanismo di censura? Aggiungo che non vedo conseguenze per quanto riguarda il Social Media Marketing, Facebook agisce già in questo modo, spesso blocca account e campagne senza una reale motivazione. L’unica possibilità è che irrigidiscano ancora di più le norme in materia politica, quindi chi tratta questi temi dovrà gestirsi con ancora più restrizioni”.

E chiudiamo il nostro giro di tavolo con Ernesto Belisario, avvocato e uno dei massimi esperti in Italia di diritto delle tecnologie, che si spinge a riflettere sul ruolo che le piattaforme social media hanno nella nostra società:

ernesto belisarioLa decisione di “deplatforming” del Presidente USA rappresenta sicuramente un passaggio di svolta nelle discussioni, aperte da anni, sul ruolo delle piattaforme nel dibattito pubblico, nel confronto politico e nelle campagne elettorali.
È un tema complesso che deve essere affrontato partendo da un presupposto: i social media, oggi, sono piattaforme completamente private che si autoregolano. Decidono autonomamente quali sono le regole che gli utenti devono rispettare nell’uso del servizio. Decidono, con ampia discrezionalità e poca trasparenza, come (e quando) fare rispettare le regole che si sono dati autonomamente.
In questo quadro, la decisione di bannare Trump appare coerente con le policy dei social, contrarie all’incitamento all’odio e alla disinformazione. Anzi, semmai sembrano tardive visto che al Presidente USA sono stati negli anni consentiti comportamenti che non sarebbero stati tollerati da parte di qualsiasi altro utente.
Il tema su cui confrontarci è quindi il seguente: è giusto che piattaforme – che ormai erogano un servizio pubblico – siano totalmente libere di autoregolarsi? Credo che la stessa decisione di deplatforming testimoni la consapevolezza che i social media hanno del loro ruolo nella società (e in quello che è accaduto a Capitol Hill).
A mio avviso è necessario che i legislatori lavorino a una regolamentazione delle piattaforme che – lungi dal prevedere filtri (che si trasformerebbero in censura preventiva) – imponga trasparenza su criteri e decisioni di moderazione, prevedendo tutele per gli utenti, meccanismi di reclamo efficaci contro le decisioni delle piattaforme, vigilanza da parte di autorità nazionali.
In questo senso, l’Unione Europea – con la proposta di “digital services act” – potrebbe indicare la strada da intraprendere per rispettare i diritti e le libertà fondamentali (come già fatto con il GDPR per la protezione dei dati personali)“.

Ecco, questo era il nostro tavolo ideale per ragionare su questo grande tema e i pareri espressi ci aiutano a focalizzare meglio il tema. Grazie davvero a questi grandi professionisti per la loro grande professionalità e disponibilità, davvero preziosa.

E voi che ne pensate?

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Franz Russo Blogger, Digital Strategist
Franz Russo, fondatore, nel 2008, del blog InTime, ho collaborato con grandi aziende nazionali e internazionali, come consulente per strategie di comunicazione e come divulgatore. Da sempre impegnato nella comunicazione digitale, cerco di unire sempre una profonda passione per l’innovazione tecnologica a una visione olistica dell’evoluzione dei social media e degli strumenti digitali. Il mio percorso professionale in questo campo, iniziato nel 2007, è stato caratterizzato da un costante impegno nel raccontare e interpretare i cambiamenti nel panorama digitale. Il mio approccio si basa su un mix di analisi strategica, creatività e un profondo impegno per il racconto e la divulgazione.
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1 commento

  1. Tutti ottimi pareri. Condivido molto degli spunti, dal fatto che non è propriamente una censura al punto che comunque non è una buona notizia quando una piattaforma privata decide di una parte del dibattito politico, politica che dovrebbe lavorare su di una regolamentazione. Come aggiunta, ho sottolineato in mio post come l’educazione allo uso degli strumenti e al discernimento permette di limitare il potere (per la quota negativa) del social anche prima di una regolamentazione. Se ne parla meno e credo invece che l’educazione civica, democratica e anche comunicativa delle nuove generazioni non possa essere lasciata al fai da te davanti ad un mondo globale dove la gestione dell’informazione è la chiave per competere. https://internetmanagerblog.com/2021/01/17/i-social-media-la-censura-e-l-educazione-civica-digitale-da-trump-al-safer-internet-day/

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venerdì, 29 Marzo, 2024

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