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Stai su Facebook? Allora sei un “fannullone”!

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E’ da un pò di tempo che Facebook sta creando problemi alle aziende. In particolar modo alle imprese italiane non va giù il fatto che gli impiegati possano navigare su questo socialnetwork, in forte ascesa nel nostro paese, incorrendo anche nella possibilità di essere additati come “fannulloni”.

facebookdenied1Qualche settimana fa anche su questo blog segnalavo la decisione presa da Poste Italiane di inibire l’uso di Facebook dai pc aziendali in uso ai dipendenti e che da lì a poco questa decisione sarebbe stata imitata dalla Regione Veneto e dal Comune di Napoli, che in verità hanno provveduto solo a limitarne l’uso. Se da più parti si parla di aprire anche le aziende all’uso delle nuove tecnologie e quindi anche all’utilizzo di nuove forme di comunicazione legate al web, ecco che questi provvedimenti vanno nel senso praticamente opposto, rivelando tutta la difficoltà che esiste nel cercare un approccio alle nuove tecnologie. Adesso pare che in questo divieto sia incluso anche Dagospia, il sito gossipparo di Roberto D’Agostino, come se navigare nel mare di immagini “Cafonal” renda meno produttivi. Si perchè il tutto è legato alla concetto di produttività degli impiegati che se “vagabondano” su siti del genere, lavorano poco. Ora, la domanda sorge spontanea, ma per caso i fannulloni sono nati con internet? o meglio, facebook è una fabbrica di nullafacenti? Io sostengo di no, e per di più trovo queste argomentazioni un motivo per non volere andare al fondo del problema, che evidentemente sta altrove. A sostegno di questa mi idea riporto un’affermazione di Andrea Cardamone, amministratore delegato della banca online We@bank, che dice: «Io guardo ai risultati, se poi i dipendenti usano Internet per fatti propri e sono contenti, sono contento anch’io». Sacrosanto! Prendersela con Facebook fa perdere tempo, aggiungo.

In risposta a tutti questi divieti su Facebook è stato cerato anche un gruppo “Anche io tra Messenger e Facebook oggi non ho concluso un caz..” che vanta al momento in cui scrivo oltre 235 mila iscritti, cioè 235 mila potenziali fannulloni. Ha ragione Marco Camisani Calzolari, coautore del libro «Impresa 4.0», quando dice che «il divieto risponde alla logica arcaica di misurare il lavoro in tempo. Bisogna ripensare la produttività». Giusto! Ma come? si chiederanno tutti? semplicemente fare in modo che ci si possa aprire alle nuove tecnologie facendole diventare strumenti di lavoro. Skype è un esempio; ormai sono tante le aziende che preferiscono che i dipendenti utilizzino questo software per telefonare, anche per risparmiare sulle telefonate, che non è male. Ma sono molte le aziende che non pongono limiti di nessun genere anche se hanno tutte una forte connotazione tecnologica, come ad esempio Microsoft Italia dove Facebook è accessibile e si interagisce con i clienti attraverso il Messenger, meglio ancora dell’utilizzo delle mail. Se poi guardiamo cosa succede in Europa scopriamo che la Germania è il paese più aperto all’uso di Facebook, in Gran Bretagna si arriva al 60%, invece negli Usa un’azienda su due proibisce l’utilizzo del sito. Caso limite è quello capitato ad un giovane inglese, che datosi malato per andare invece a passare una serata in un pub a bere, ha lasciato un commento della serata proprio su Facebook. Peccato però che anche il suo titolare fosse tra gli iscritti sul sito, una leggerezza che gli è costata molto.

Franz Russo
Franz Russo
Franz Russo, fondatore, nel 2008, del blog InTime, ho collaborato con grandi aziende nazionali e internazionali, come consulente per strategie di comunicazione e come divulgatore. Da sempre impegnato nella comunicazione digitale, cerco di unire sempre una profonda passione per l’innovazione tecnologica a una visione olistica dell’evoluzione dei social media e degli strumenti digitali. Il mio percorso professionale in questo campo, iniziato nel 2007, è stato caratterizzato da un costante impegno nel raccontare e interpretare i cambiamenti nel panorama digitale. Il mio approccio si basa su un mix di analisi strategica, creatività e un profondo impegno per il racconto e la divulgazione.
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