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Addio Google+, anche i grandi a volte sbagliano

Era nell’aria da tempo ma adesso è ufficiale, Google+ chiude ed esce di scena in maniera non troppo elegante. Infatti una falla avrebbe permesso la violazione dei dati di mezzo milione di utenti, solo che Google non lo aveva comunicato. L’inchiesta del Wall Street Journal ha scoperto tutto e da Mountain View hanno preso la decisione che sarà definitiva entro il prossimo anno. Resta attiva solo parte business come strumento di conversazione tra colleghi.

Addio Google+. Ecco l’addio più atteso che in tanti avrebbero voluto pronunciare ormai da qualche anno. Già perchè sin dalla sua apparizione, nel 2011, Google+ non ha mai convinto del tutto. E’ vero, su questo blog avevamo scritto che sarebbe stato il fenomeno del 2012, su cui anche le aziende avrebbero dovuto scommettere. Ma, a differenza di altri, ci siamo ricreduti subito, ammettendo l’errore di valutazione. Google+ era nato per dare fastidio ad un colosso come Facebook, era nato per essere la grande scommessa social di Google che sui social media non aveva mai lasciato il suo segno. Google, il colosso della rete, non aveva impresso la sua firma anche sui social media. Ecco la motivazione principale per cui è nato.

A distanza di sette anni, Google+ non lascia nessuna traccia tangibile ed esce di scena nella maniera meno elegante possibile. Infatti, la decisione presa da Mountain View di chiudere la piattaforma arriva dopo l’inchiesta del Wall Street Journal che scopre che Google+ era stato violato già tre anni fa, nel 2015, mettendo a rischio i dati di mezzo milione di persone. Per tre anni i dati di questi utenti sono rimasti alla mercè di altri, senza che Google prendesse dei provvedimenti. Un fatto molto grave che dà la misura della considerazione di cui godeva Google+ anche internamente. Ovvio che una volta scoperto tutto Google non ha potuto fare altro che annunciarne la chiusura, era già preparata a questo e lo dimostra la velocità con cui ne ha dato notizia.

addio google+

Resta davvero l’amaro in bocca sapere che per tre anni Google abbia deciso di non fare nulla, pensando di risolvere tutto internamente avvisando gli utenti in maniera privata. Un errore di valutazione grossolano non da grande colosso del web quale è Google.

E’ bene sottolineare che Google annuncia la chiusura di Google+ lato consumer, ossia lato utente, la parte che avrebbe dovuto apprezzare e usare la piattaforma. Di fatto, ne dichiara la chiusura completa. Lato aziende resta attivo solo per il fatto di voler mantenere vive le conversazioni tra colleghi. E anche su questo punto i dubbi abbondano. Ma non vale neanche approfondire più di tanto e non vale dire che Google lascia attiva la parte aziendale perchè redditizia, no, non è questa la motivazione. Google per le aziende offre strumenti di business molto più efficienti e utili.

Ma per chi sta leggendo questo post e nota che Google+ comunque aveva centinaia di milioni di utenti, vero. Ma non erano tutti attivi e consapevoli del fatto di essere realmente su Google+. Il vero errore che ha commesso Google è stato proprio quello di aver voluto per forza assemblare la piattaforma all’interno della galassia Google. In poche parole, bastava semplicemente avere uno smartphone Android per essere poi, attraverso il proprio account usato per accedere al sistema operativo, catapultato su Google+. L’utenza attiva era meno del 20% a livello globale. Inoltre, gli ultimi dati dicono che il 90% degli accessi durava meno di 5 secondi. Giusto il tempo di accedere e via a gambe.

Eppure in Italia, l’ultima rilevazione di Agcom a luglio ci diceva che gli utenti erano 5,7 milioni. Ma l’analisi di Blogmeter di aveva anche detto che per di un quarto degli utenti lo usava attivamente e il 38% ogni tanto ci faceva un salto. Numeri che se fossero stati attivi non avrebbero certo giustificato questo addio.

Se Google avesse provato a tenere sganciato Google+ da tutto e avesse deciso di puntare davvero a realizzare un prodotto social di tutto rispetto, forse le cose non sarebbero andate così. O forse sarebbe fallito ben prima.

Pensate che già nel 2012, appena un anno dopo il suo lancio, Google+ veniva definito come una “cattedrale nel deserto“, definizione che lo ha accompagnato fino all’annuncio di ieri.

Non ci resta allora che mettere la parola fine a questo punto per tutto ciò che riguarda Google+ e ammettere che, a volte, anche i grandi possono sbagliare.

 

[L’immagine è realizzata da @franzrusso, se dovesse essere ritenuta inopportuna dai legittimi proprietari dei loghi, verrà immediatamente rimossa. Si prega ci citare la fonte]

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Franz Russo Blogger, Digital Strategist
Franz Russo, fondatore, nel 2008, del blog InTime, ho collaborato con grandi aziende nazionali e internazionali, come consulente per strategie di comunicazione e come divulgatore. Da sempre impegnato nella comunicazione digitale, cerco di unire sempre una profonda passione per l’innovazione tecnologica a una visione olistica dell’evoluzione dei social media e degli strumenti digitali. Il mio percorso professionale in questo campo, iniziato nel 2007, è stato caratterizzato da un costante impegno nel raccontare e interpretare i cambiamenti nel panorama digitale. Il mio approccio si basa su un mix di analisi strategica, creatività e un profondo impegno per il racconto e la divulgazione.
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